Dice Gattoscrivente, di Carlo Esposito
Intervista a Stefano Frascoli
Partiamo dall’atletica. Poiché tu NON sei un runner. Qual è la tua specialità, e quali sono i tuoi personali?
Buongiorno Carlo e grazie mille dell’opportunità di questa bella chiacchierata. Io ho iniziato a correre a 19 anni e mezzo, nel marzo del 2009, e sono stato indirizzato costantemente verso gli 800 metri nella mia preparazione. Ripetute solo con scarpe chiodate, tanta fatica, allenamenti sempre a manetta, gare su strada quasi zero, anzi, ogni competizione che non si svolgesse su pista al mio campo sportivo non era nemmeno considerata atletica, perché mi è sempre stato insegnato che l’atletica, quella vera, è su pista.
La mia specialità è trovare le emozioni nella vita, e con l’atletica si ha la fortuna di viverne molte, se praticata rispettando l’insegnamento degli antichi. In realtà la mia miglior prestazione a livello di punteggio tabellare è stata un 3’59’51 sui 1500 metri, anche se la gara che mi ha fatto emozionare di più è stata scendere sotto il muro dei 2 minuti proprio sugli 800 metri (ho 1’59’’54). Inoltre ho corso 8’54’’87 sui 3000.
Di recente hai pubblicato un libro di racconti di atletica: qual è secondo te il migliore?
Nel mio libro ‘’Il Demone della corsa’’ parlo di un mondo atletico corrotto e inquinato in cui si sono smarriti i valori ‘’costituzionali’’ del nostro nobile sport, e mi riferisco a etica, onore, rispetto, agonismo, fatica, e tutto ciò che è pervenuto a noi dagli Antichi. Nelle mie pagine leggeremo infatti di ritiri estivi in compagnia di individui che pensano solo a cercare la password del wi-fi per mettere le proprie foto sui sociali ed auto celebrarsi; di campi di atletica popolati da gente senza valori, dove conta solo l’aspetto esteriore, l’apparenza, dove la voglia di far fatica è un vago ricordo. Chiaramente i pochi atleti rimasti ancorati all’insegnamento degli Antichi sono spaesati come pesci fuor d’acqua, sono degli esclusi, dei poverini. Tuttavia, quando calano le ombre della notte, emergono tutti gli aspetti oscuri del mondo atletico inventato da me: avremo geni, spiriti che passeggiano sulle corsie addormentate della pista, demoni della foresta e, nelle montagne dei ritiri in altura, nelle notti di agosto gli autoctoni ci racconteranno attorno al fuoco leggende pagane su divinità adorate dagli atleti dell’antica Grecia. Sono molti i racconti a cui sono affezionato, ma il mio preferito si intitola ‘’le pianure dell’eterna atletica’’.
È la storia di un giovane neolaureato che sogna di poter vivere facendo atletica a livello agonistico, ma si trova impossibilitato a realizzare questo suo sogno poiché, terminati gli studi, il tempo libero da dedicare alle passioni finisce, e si trova catapultato nel mondo del lavoro, con i suoi orari e i suoi folli schemi che sanno di schiavitù materiale e spirituale.
Un giorno il giovane si addormenta e nel sogno vede aprirsi il cancello di una villa misteriosa. Si precipita all’ingresso e ritrova i suoi vecchi compagni di una vita, e si unisce a loro in un allenamento atletico portentoso, come ai bei tempi, quando si era giovani, si rideva, si studiava, e soprattutto non si lavorava sotto padrone nella paura e per la paura di pensare al futuro.
Il racconto finisce con il giovane atleta che decide di non tornare a casa, ma restare per sempre in questa sorta di Nirvana, dove si annullano lo spazio e il tempo, e continuare a correre nei prati e nei boschi della gigantesca villa, denominate appunto ‘’le pianure dell’eterna atletica’’, che sembrano estendersi all’infinito, come infinita e incommensurabile è la dimensione dell’anima.
“Il Demone della Corsa” non è il tuo primo libro. Io sono convinto che la prima volta si scriva per vanità e impeto, le successive per rabbia o per amore. Sei d’accordo con questo postulato? E se sì, perché continui a scrivere? Per rabbia o per amore?
Assolutamente sì. Io continuo a scrivere perché sento dentro di me un turbinio di passioni, perché avverto l’esigenza di raccontare la mia visione del mondo. Scrivendo riesco a viaggiare nella notte senza bisogno di mezzi di trasporto, evadendo dalle mura simboliche della mia camera da letto e sorvolando paesaggi meravigliosi con la pura forza del pensiero.
Inoltre, il primo libro ‘’correre nel vento’’, edito nel 2016, è uno scrigno preziosissimo, uno zibaldone che contiene lo Stefano Frascoli di quegli anni. Rileggendolo, mi tornano alla mente episodi, aneddoti custoditi gelosamente negli angoli più remoti della mia mente, e per un attimo torno indietro nel tempo. Bellissimo!
E poi non dimentichiamo che lo scrittore è il mestiere più bello del mondo.
Cosa è per te l’atletica?
Analizzando le strane dottrine che Alp-Azhàm spiega al corridore visionario Miro Balbuzio ne "Il Demone della corsa", possiamo intuire la visione che io ho dell’atletica: niente a che vedere con il crono, il tempo, le chiodate, tutte cose che sono ‘tridimensionali’. La mia atletica ha a che fare con l’infinito, poiché è attratta e si lascia attrarre da esso.
Per capire il mio pensiero posso fare alcuni esempi. 1) Immaginiamo una corsa lunga in cui superiamo l’ora e mezza e abbiamo 18/20 km nelle gambe, e dobbiamo correre per altri 10km. Oppure una serie di ripetute corse all’ultimo respiro, ad esempio 5 volte i 1000 metri a cannone, e abbiamo appena finito la terza distanza. Oppure una cronoscalata di 7 km, e siamo a metà.
Oppure: basterebbe anche una corsetta da soli nei boschi sotto una pioggia gentile, e che fosse primavera con le piante che rinascono, e io che ritrovo la pace in una dimensione interiore che è mia e soltanto mia. Oppure in autunno, con i suoi colori accesi e da lontano un odore di legna bruciata, e la mente che naviga nei ricordi del tempo perduto, del passato e forse anche dell’adolescenza.
In tutte queste circostanze, di fatica o di ammirazione, l’unica verità è che siamo noi con le nostre forze dinanzi all’assoluto, e proviamo emozioni la cui incapacità nel descriverle le rende uniche. È come se l’atletica fosse il ponte tra la dimensione del reale e un’altra dimensione che è proibita alla gente comune, e di cui nessuno parla, come se ne avesse paura.
Potrebbe essere la realizzazione di quella frase molto famosa di Nietzsche che dice: ‘Se tu guardi l’abisso, a un certo punto l’abisso comincerà a guardare te’. E in effetti l’atletica potrebbe essere benissimo intesa, in definitiva, come la descrizione di uno scambio di sguardi, tra l’uomo che guarda l’infinito e l’infinito che guarda l’uomo.
Che lezione dovrebbe apprendere l’atleta dal periodo di pandemia che stiamo vivendo?
Solo una cosa: abbassare la cresta, fare un bel respiro, contare fino a venti e sforzarsi capire che il mondo non ruota attorno alle gare (e quindi attorno a lui), e perciò accantonare il proprio individualismo. Ci sono cose ben più importanti, e lo scrivo da amante della sfida e dell’agonismo. Qualcuno per fortuna l’ha capito fin da subito che era giusto ‘frenare’, altri purtroppo no.
Sono rimasto pertanto sbalordito (ma, viste le premesse e lo stato di egocentrismo in cui versa gran parte del mondo della corsa, c’era da immaginarselo) poiché durante questi mesi ho notato episodi che hanno inquinato l’atletica nella sua purezza: gare autogestite senza il minimo permesso (dopo che l’autorizzazione per fare la gara vera era stata bocciata da chi di competenza, guardacaso), zero mascherine, zero distanziamento, atleti anche di livello nazionale che volevano a tutti i costi la pista aperta solo per loro (!!)… e quell’incessante domanda che continua a martellare sulle tastiere dei social. ‘’Ma quando riprendono le gare?’’
Tu sei amministratore di una delle pagine più seguite del web sportivo: “La Gang degli Atleti Disagiati”. Come è cambiata la tua percezione complessiva del mondo della corsa?
Il fatto di essere admin della Gang mi ha portato un’ondata di enorme notorietà. Mi ha permesso anche di conoscere meglio l’aspetto ‘politico’ dell’atletica italiana, che prima di allora ignoravo. Pian piano ho imparato a capire certi meccanismi interni dell’essere umano che si occupa di atletica, ho capito alcune dinamiche (ad esempio, come mai certi gruppi vanno a quella gara invece che a quell’altra).
Adesso la mia percezione complessiva è di un mondo individualista, pieno di invidie, dove poche persone ‘buone’ capiscono che se vogliamo risollevarci dobbiamo fare gioco di squadra e puntare sui giovani. Una cosa che noto è il formarsi dei ‘clan’. Ovvero, gruppi di atleti accomunati da qualcosa che fanno gruppo a sé e non ti filano se non sei forte, famoso oppure una bella ragazza. Ma molto spesso lo fanno per solo scopo utilitaristico.
Ma quanto sarebbe bello se tutti si allenassero e facessero gare all’ultimo respiro per il puro agonismo? Umiltà, lavoro, fatica e dedizione. E poi, quando la carriera atletica sarà finita, affrontare il mondo del lavoro da persone ‘’illuminate’’ facendo tesoro delle esperienze maturate in gara. Il mio allenatore lo diceva sempre: ‘’Il mio compito è formare uomini, non atleti’’.
Come si fa ad avere tanto successo nel web senza cedere a quello che io che chiamo "patafiocchismo imperante", ovvero bei corpi femminili molto svestiti e in mostra con la scusa dell’abbigliamento sportivo?
La Gang degli Atleti disagiati ha utilizzato una formula che si è rivelata vincente: usare l’ironia. La gang è nata il 24 settembre del 2015, e a ottobre del 2016 aveva già raggiunto 70 mila likes. Adesso va per i 150 mila likes, con quasi 160 mila followers. Un vero e proprio boom. Sicuramente, quando è nata, la pagina ha rappresentato una novità assoluta, poiché nessuno prima di allora aveva mai fatto ironia sulla ‘Regina degli sport’. Altre pagine di atletica, me ne ricordo una nata nei dintorni di Lecco, hanno tentato di copiarci rubandoci le idee, ma nessuna di loro è mai durata a lungo. Invece sono in ottimi rapporto con l’altra community di atletica leggera più seguita in Italia, ‘’quella gestita dall’investigatore.’’
Credo che oltre all’ironia, un altro ingrediente segreto sia l’essere sul campo (e sul web) ogni giorno a cercare notizie, mettere video, cercare contenuti interessanti o, come diciamo in gergo, ‘che tirano’. Quando c’è una gara importante siamo sempre davanti al pc a seguirla, non esistono scuse. Se ad esempio Crippa fa il record italiano, il post deve essere messo al massimo un minuto dopo, altrimenti altre pagine ci precedono. Devo anche ammettere che dopo la nostra esplosione, la pagina Facebook della Federazione di Atletica si è molto ravvivata, e ha iniziato a postare contenuti con maggiore regolarità. La trovo una cosa buona, perché in tal modo più gente si avvicina al nostro sport.
Io ricordo anche che c’è stato un periodo in cui mettevo il post del pranzo sulla Gang dalla mia macchina, da cellulare, tra un appuntamento di lavoro e l’altro. Una volta ho messo il post di Crippa che ha vinto gli europei under23 sui 5000 metri dall’area di emergenza dell’autostrada, con le quattro frecce. Qualcuno non capisce queste cose, ma alla lunga ne è valsa la pena perché i risultati sono arrivati.
E per chiudere, io sono contrario a chi mette in mostra il proprio corpo sui social, specialmente se chi lo fa è un atleta. Ci sono foto che sono ai limiti del porno, e lo scopo è solamente auto celebrarsi. Un conto se chi lo fa, lo facesse per cercare una relazione amorosa. Invece molto spesso lo fa perché c’è dietro qualche brand (oltre al puro esibizionismo di mettersi in pose sexy). A mio avviso è quindi solo una pratica edonistica che non c’azzecca nulla con l’atletica per come la intendo io. Ovviamente è una mia opinione argomentata, e in passato sono stato criticato per averla espressa. Ma se una persona è intelligente, dovrebbe rispettare un’idea anche se non la condivide, quando è argomentata.
Se per magia domani tu fossi il sovrano assoluto dell’atletica, con poteri indiscutibili e illimitati, cosa faresti per prima cosa?
Se io fossi il sovrano dell’atletica, come prima cosa garantirei a tutti gli atleti del mio regno ciò che negli ultimi tempi si sta paurosamente perdendo: l’etica. E mi pare che significhi molto.
Chi legge queste righe, infatti, sa benissimo a cosa mi riferisco, e se ci pensa troverà nella propria esperienza più di un episodio che lo porterà a darmi ragione.
Progetti editoriali per il futuro?
A brevissimo uscirà un libro scanzonato di pillole di atletica, pubblicato con La Gang degli Atleti disagiati. Sarà un libro di aforismi, una cosa nuova nel marasma di libri tecnici, scientifici o biografici che sono il 95% dei libri sull’atletica e che spesso (non me ne voglia nessuno) ripetono le stesse cose.
E, dopo di esso, naturalmente uscirà il famoso romanzo atletico. Ho già in mente la trama, e sarà surreale, perché sarà il primo libro della storia che unirà atletica, mistero, avventura, giallo e stregoneria.
La persona migliore e la peggiore che hai incontrato grazie alla corsa.
‘‘Scusi, vorrei iniziare a fare atletica, è questo il campo?’’. Nel marzo del 2009 dissi queste parole a una persona che stava entrando nell’impianto sportivo di Malnate. Non sapevo che avevo davanti il mio futuro allenatore. Fu La prima persona che conobbi nel panorama della corsa. Umile, umano e dalle profonde conoscenze. Ancora oggi mi allena, dopo 11 anni. Non sapevo minimamente che mi si stava aprendo un mondo.
L’anno scorso, tra l’altro, divenni vice-Presidente proprio della ASD in cui sono cresciuto, l’Atletica Malnate. È una bella soddisfazione.
Nella corsa ho anche incontrato tante brutte persone. Ricordo il finto campione che millantava titoli italiani quando invece correva lento come una lumaca, ma anche colui che si arricchiva sub affittando appartamenti (e quindi in nero) per raduni in montagna, quella è davvero una brutta persona. Ma c’è anche il forte atleta arrogante che ho recentemente scoperto aver riempito di corna la moglie, anch’essa atleta, con cadenza addirittura tri-settimanale
In generale non mi piacciono gli arroganti, che molto spesso sono anche ignoranti. Quelli non sono atleti, anche se corrono forte.
La persona migliore e la peggiore che hai incontrato grazie alla Pagina della “Gang”.
Sono in ottimi rapporti con il Presidente della Fidal Lombardia Gianni Mauri (uno dei pochissimi che sa fare gioco di team e punta sui giovani), ma in generale c’è una folta schiera di belle persone. Sicuramente dimenticherò qualcuno, ma oltre a te Carlo, c’è il Lupo Solitario dei boschi, l’investigatore che a mio avviso è il maggiore esperto di atletica italiana, il fotografo dal cuore d’oro amico degli animali, il mio ascendente scrittore affermato di Bologna, quel pazzo che fa le missioni in Palestina, l’arrampicatore del Trentino, gente che su Facebook mi invita alle gare solo per il piacere di scambiare due chiacchiere e senza interessi commerciali. Solo belle persone.
Non sono mancati anche i ‘detrattori’, chiamiamoli così. Nella maggior parte dei casi stiamo parlando di gente che usa i social come "sfogatoio", come discarica dell’io. Un bel giorno capita che c’è quella persona che non conosci che ti commenta sempre e comunque in negativo e in disaccordo con me. C’è il commentatore seriale, quello che interviene sempre con saccenza e poi c’è il famoso restitutore dii libri… e mi fermo qui. C’è anche il grande esperto, colui che segue i post sulla gang, non commenta mai, non mette mai like, ma al primo refuso (che ci può stare) è lì pronto a bacchettare e a commentare come un avvoltoio. C’è stato anche un ex atleta professionista che si è permesso di insultare un mio caro amico che è appena uscito da una grave malattia, tra l’altro recentemente condannato a pagare una multa salata per aver minacciato dei giudici Fidal.
Io mi sono sempre chiesto: Ma io a queste persone cosa ho mai fatto? Nulla. E quindi sono loro che hanno qualcosa con me. Del resto se mi faccio nemici, e tutti di un certo stampo, allora magari sono sulla strada giusta.
Ma non perdo il sonno a causa loro, ho una vita talmente piena che preferisco dedicarla alle passioni e agli amici veri che sto conoscendo lungo il percorso. Però devo dirti che alle volte è davvero difficile gestirli, sono peggio dei bambini dell’asilo, escono rapidamente dai ranghi, insultando a destra e a manca, ci vuole molta auto disciplina per non perdere il controllo.