Silvio Lorenzi: Los Angeles '84 ha segnato il mio destino

Torniamo a parlare di passioni. Passioni che diventano un lavoro, nel caso di Silvio Lorenzi, che insieme a Ivana Di Martino, conduce il programma "Personal Best" su Radio 24, ogni domenica in due fasce orarie: alle 6,30 e alle 16.15.
Nel loro programma Silvio e Ivana parlano di corsa, di alimentazione, di preparazione alla maratona, insomma un programma dedicato a chi si avvicina al podismo, ma anche un programma per chi già conosce questo sport, ma vuole migliorarsi e assimilare consigli e idee. Neanche a dirlo, con Silvio parliamo della sua professione, la radio, e della sua passione, la corsa.
Silvio, riuscire a unire due passioni, e farne una professione, è davvero il sogno di tutti, per te come è andata?
Con la corsa l'amore è nato da piccolo, era il 1982 quando corsi con un amico di mio papà, Annibale, il trail delle Due Rocche, che ora è famosissimo. Ricordo che a fine gara ricevetti una bottiglia di grappa....avevo 8 anni!! Da allora la corsa è rimasta. Inoltre fui segnato dalle Olimpiadi di Los Angeles dell'84, con gli amici passammo tutta l'estate a sfidarci in tutte le discipline dell'atletica. La radio invece è una passione che ho coltivato prima al liceo e poi all'università e che, in età adulta, è diventata il mio lavoro.
Quest'anno so che sei stato assorbito molto dal lavoro, hai partecipato a meno gare rispetto al passato, sbaglio?
No, non sbagli, sono stato molto assorbito dal programma, poi devo dire che rispetto a qualche anno fa, in cui correvo molte gare, preferisco correrne qualcuna in meno e godermi di più la fase di preparazione.
La prima maratona a cui hai partecipato?
Firenze 2012, se non sbaglio, e fu una disfatta incredibile, perché un mese prima della maratona fui aggredito per strada, qui a Milano, e mi ruppi una clavicola. Partecipai comunque, ma fu una sofferenza.
Il più bel ricordo legato alla corsa?
Direi la Pistoia-Abetone, che ahimé ho corso solo una volta, una gara in salita di 50 km. Ricordo che subito dopo aver tagliato il traguardo, mi sedetti su un gradino con le lacrime agli occhi. Una signora mi si avvicinò chiedendomi se andava tutto bene, e io risposi che "Sì, va tutto bene, sto piangendo di gioia", e lei di rimando "Beh, non c'è cosa più bella".
Qual è, secondo te, il motivo che spinge gli amatori a fare tutta questa fatica per un traguardo tutto sommato effimero?
Secondo me è proprio la fatica il motivo, riscoprire il piacere della fatica e il piacere della condivisione, perché la corsa è uno sport solo apparentemente individuale, ma in realtà è molto aggregante. E poi c'è il bello di sentirsi capaci a fare qualcosa, aldilà del tempo in sé.
Tornando al tuo programma, quale dei tuoi ospiti ti ha più colpito?
La più inaspettata è stata Laura Gotti, la tenevo d'occhio e prendevo nota di tutti i suoi progressi, fino alla sua partecipazione agli Europei di atletica. Ecco, che una persona normale, una parrucchiera nella vita di tutti i giorni, riuscisse a ottenere questi risultati, mi ha piacevolmente sorpreso. Sono le storie che più ci piacciono, quelle delle persone comuni che raggiungo certi risultati, un po' come è stato per Giorgio Calcaterra e Valeria Straneo. Comunque devo dire che è difficile scegliere, sono affezionato a tutti gli ospiti che ho avuto in studio.
Il tuo sogno nel cassetto di sportivo?
Mi piacerebbe correre la Maratona di Boston e partecipare con un tempo di ingresso, senza passare per le agenzie viaggi.
Consiglia una canzone e un libro che ti fanno pensare alla corsa.
C'era una canzone che anni fa ascoltavo di frequente mentre correvo, "Run" degli Air. Il libro non è strettamente legato alla corsa, ma è il mio preferito e ha contribuito a cambiare la mia vita: "La versione di Barney". Non ho più trovato in nessun libro la stessa forza. C'è poi, nel mio piccolo, un romanzetto che ho scritto in giovinezza, il protagonista era Asdrubale che era naturalmente un runner.