
La panchina del Milan, a partire dall'esonero di Allegri nella stagione 2013/14 che col senno di poi la si può definire una decisione che fa sorridere amaramente, è diventata una postazione per lavoratori avventizi, a progetto. Se solo si fosse almeno capito quale fosse il progetto. Si sono susseguiti, in ordine sparso e sperando di non dimenticare nessuno: Seedorf, Inzaghi, Mihajlovic, Brocchi, Montella, Gattuso, Giampaolo. Sette allenatori diversi in cinque anni. Alcuni erano alla loro prima esperienza assoluto in Serie A, altri alla prima esperienza su una panchina importante come quella rossonera. In ogni caso nessuno aveva il carisma, la capacità, il polso, le conoscenze e soprattutto il curriculum per sedere sulla panchina di una delle società di calcio più vincenti della storia.
Se volgiamo indietro lo sguardo, a partire da settembre 1986 fino a settembre 2013 il Milan ha avuto 10 condottieri in 27 anni, circa 22 dei quali appannaggio di Sacchi, Capello, Zaccheroni, Ancelotti e Allegri. Già da solo questo dato la dice lunga su come la società di via Aldo Rossi abbia perso completamente la bussola nelle più recenti stagioni, navigando alla deriva ormai da troppo tempo, nelle torbide acque dell'anonimato. Chiaramente non solo sulla guida tecnica ricadono le responsabilità di queste stagioni fallimentari, ma anche e soprattutto sulla società che, prima nella parabola discendente della presidenza Berlusconi, poi nella breve e a dir poco nebulosa stagione di mr Lee e ora nella volenterosa ma ancora inesperta gestione Paul Singer, attraverso Fondo Elliot, non è mai riuscita a mettere a disposizione della squadra elementi capaci di fare la differenza, meritevoli di vestire questa gloriosa maglia, di far tornare vividi colori che anno dopo anno sbiadiscono sempre di più. Inoltre, contrariamente a quanto dichiarato da ognuna delle dirigenze succedutesi, a ogni sessione di mercato sono state spese, o forse sarebbe meglio dire sperperate, molte centinaia di milioni di euro.
Ora tocca a Stefano Pioli, ottavo Re senza corona dello spogliatoio milanista in questo inverno che dura ormai dal 2014. Nonostante la tifoseria, nonché il sottoscritto, sulle prime abbia manifestato molti dubbi e perplessità sull'opportunità di ingaggiare il tecnico emiliano, andando ad analizzare le circostanze e il curriculum, è probabilmente uno dei migliori allenatori che il Milan si possa permettere in questo momento. Escludendo che mister del calibro di Ancelotti e Allegri si sognino lontanamente di tornare a Milanello, almeno per il momento, ed escludendo Mourinho per l'ingaggio e il suo passato interista, restano Spalletti, che in soldoni ha preferito continuare a percepire il succulento ingaggio che l'Inter ancora gli deve alla panchina del Milan, restando in attesa di telefonate maggiormente gradite, Ranieri e poco altro. La cosa che è mancata di più in questi anni nello spogliatoio rossonero è stata l'esperienza, la malizia tattica, capace di sopperire almeno in parte alle carenze tecniche degli undici in campo. Pioli è il primo allenatore del Milan della seconda repubblica che può mettere sul tavolo da gioco l'esperienza necessaria per battere il banco, almeno in alcune mani. Esattamente come mister Ranieri, Pioli lo si può definire un normalizzatore, uno che quantomeno si può stare certi non farà più danni di quelli che già sono a registro, vedi classifica. Come il giornalista Bruno Longhi ha detto nelle ore seguite all'ingaggio di Pioli, a lui non sono richiesti miracoli, solo che la squadra faccia il suo dovere, vinca le partite che deve vincere e che sono nel novero del minimo garantito sindacale, ma soprattutto che non faccia figure pessime come contro Udinese e Fiorentina. Magari mostrando finalmente una qualsiasi impronta di gioco. Pioli dovrà restituire fiducia a Piatek, troppo depresso e penalizzato dal lavoro che gli richiedeva Giampaolo che lo portava lontano dall'area, luogo dove il centravanti polacco si sente come a casa. Allo stesso tempo bisognerà non deprimere Leao, che in questo pessimo inizio di stagione della squadra è stato uno dei pochi elementi positivi. A quanto pare il tecnico lo considera un centravanti e non un esterno, e se il modulo come sembra resterà il 4-3-3, c'è una poltrona per due. Biglia, che è già stato nella cabina di regia degli schemi di Pioli ai tempi della Lazio, parte favorito su Bennacer. Anche se nei due anni e mezzo di militanza milanista l'argentino non è mai stato quello visto in maglia biancazzurra, è fin troppo facile intuire che il mister tenterà inizialmente di recuperare quello che lui considera un suo fedelissimo, una pedina importante di cui conosce perfettamente il valore. La fiducia però, non sarà a tempo indeterminato. Gli intoccabili sono Suso, Kessie, Donnarumma, Musacchio e Romagnoli. Conti ed Hernandez stanno scalando posizioni in cima alle gerarchie del tecnico, per quanto riguarda gli esterni difensivi rispetto a Calabria e Rodriguez, mentre nella parte sinistra del campo, sia in mediana che in attacco, Bonaventura, Calhanoglu, Rebic e Paquetà al momento si giocano le loro carte più o meno tutti alla pari.
Inutile dire che cominciare con un successo sarebbe importantissimo per Pioli. Avere finalmente la squadra al completo per una intera settimana, dopo l'esodo dei giocatori verso le rispettive nazionali, essendo reduce da una vittoria in campionato, sarebbe tutto un altro modo di lavorare. Pioli ha una scala impervia e sdrucciolevole da risalire per dimostrare che lo scetticismo nei suoi confronti è stato immotivato, e che non il suo ingaggio è stato tutt’altro che un ripiego. Per questo il tecnico, esattamente come la squadra di cui è alla guida, non ha tempo perdere.