Roberto Giordano porta Genova nel mondo

Roberto Giordano è riuscito a fare quello che molti di noi, appassionati della corsa, vorremmo fare: vivere della nostra passione. Con il suo programma "Correndo per il mondo" e l'omonimo libro tratto, ha portato nelle case di tutti i panorami e i personaggi della maratona, un mondo pazzo e colorato, che non conosce orari, non conosce condizioni climatiche avverse, non conosce luogo dove non si possa fare una corsa, anche quello all'apparenza più ostile. Grazie alle repliche del programma, che qualche anno fa andava in onda su Rete 4, Roberto è stato nominato ambasciatore di Genova nel mondo, e qualche settimana fa è stato a New York alla sfilata del Columbus Day, proprio in questa veste.

Mi è capitato di frequente di intervistare persone che si erano "fatte un programma" per quanto riguarda la loro vita professionale, e invece hanno seguito altri percorsi. Nel tuo caso, il sogno era di fare il cabarettista, non è vero?

Si è così, il sogno era quello di fare l'artista, purtroppo però i sogni si sono scontrati con la realtà. Ero ricco di passione ed entusiasmo ma non abbastanza di talento. Anche se, per esempio, vinsi il premio "Walter Chiari" come miglior comico emergente, e lavorai con Paolo Villaggio a Radio Rai. Le porte del successo però, non si schiusero mai completamente.

Successo che invece arriva col programma "Correndo per il mondo". Come nasce questa idea?

Nel 2007 durante uno spettacolo di cabaret incontrai Max Mirabella, un ragazzo molto in gamba che si occupava di riprese televisive. Gli proposi di riprendere una gara che avrei corso di lì a poco nel deserto, per raccontarla come una avventura, una sorta di diario per immagini. Il rischio era quello di fare un filmino delle vacanze, invece lui fu molto bravo, fece un ottimo montaggio, e così portammo a Mediaset il video, senza però farci molte illusioni. Dopo due settimane ci richiamarono, per realizzare la puntata pilota.

Leggendo il tuo libro, ho notato che per le tue gare hai scelto spesso posti molto caldi, è un caso?

No, non è un caso, io adoro correre al caldo, e odio il freddo. Quando corro mi piace sudare, fare fatica.

Hai corso maratone anche in posti improbabili, tra i quali Phuket, Cipro, Mont Saint Michel. Come mai hai scelto posti così insoliti?

La cruda verità è che gli enti del turismo che ci proponevano di fare un programma sulla loro maratona, erano di questi posti. Permettevano a me, e agli altri due membri della troupe, di realizzare il programma tutto spesato. Spesso era questa la discriminante, altre volte invece furono scelte consapevoli, come quando mi impuntai per andare alla Transtica, in Costa Rica.

Mi ero fatto l'idea erronea che chiudessi le maratone su cui realizzavi il programma in tempi molto alti, in realtà non era affatto così.

Ho una indole molto competitiva, nello sport e nella vita, cerco sempre di fare le cose bene, non dico primeggiare, ma fare bene sì. Ho un personale di 1h15' sulla mezza, e 2h50' sulla maratona, tutti e due ottenuti alla mia prima apparizione nelle rispettive distanze. L' unico mio problema era la scarsa voglia di allenarmi, se avessi avuto più costanza chissà...

Ora ci facciamo seri: come sta Genova e come stanno i genovesi?

Mi hanno fatto un po' ridere gli striscioni negli stadi di calcio con scritto "Genova non mollare", noi non ci pensiamo proprio a mollare. Anche se un po' spigoloso di carattere, il genovese è molto fiero, si rimbocca le maniche e riparte dopo ogni tragedia che lo colpisce. Sicuramente siamo segnati da questi anni difficili per il nostro territorio, ma Genova tornerà ad essere una città bellissima, anche se sulla pelle dei nostri morti.

Per chiudere, come lo vedi il Genoa quest'anno?

Ci esaltiamo e ci deprimiamo subito. Qualche settimane fa la frase più ricorrente tra i genoani era "siamo potenzialmente secondi", perché la classifica ci sorrideva, e c'era ancora il recupero col Milan da giocare. Ora è tutto un mugugno, siamo davvero fatti male.