
In Roberto mi sono imbattuto per caso, grazie al mio amico Ivan che mi ha consigliato il suo libro, dopo che avevo pubblicato il pezzo in cui parlavo della mia depressione. Capita a tutti prima o poi di leggere un libro che parla di sé, a me è successo con "Corri", così ho deciso che dovevo parlare con quest'uomo che pur non conoscendomi, parlava di me e di molti altri. Quello di Roberto è un libro sulla vita, sulla passione e sulla sofferenza. Dell'imbocco del tunnel, della sua percorrenza e poi finalmente del lumicino di luce che indica l'uscita.
Ciao Roberto, cominciamo dalla maratona di Roma che hai corso qualche settimana fa, come è andata?
E’ stata la maratona più sofferta, dopo quella di New York. Ho avuto un crollo dopo il venticinquesimo chilometro, si è spenta la luce e in quelle condizioni uno si dovrebbe ritirare, ma io volevo andare a prendermi la medaglia. Ho affrontato gli ultimi chilometri come una barca alla deriva, ma io dico sempre che la maratona è l’Everest, e a chi conquista l’Everest non si chiede mai quanto tempo ci ha impiegato.
Veniamo al tuo libro, io lo paragono a un raggio di luce in un angolo oscuro, hai la consapevolezza che sta aiutando molte persone?
Si, anche se cerco di mantenere un po’ di pudore nel dire questa cosa, perché alla fine mi sento sempre l’ultimo degli ultimi, mi sento solo polvere, quindi non devo avere la presunzione o il vezzo di dirlo io. Però mi rendo conto dalle molte lettere che ricevo che il mio libro rappresenta per molti una speranza, qualcuno addirittura l’ha definito una cura per l’anima. Il senso del libro è “aggrappatevi a una passione quando tutto sembra perduto”. Io ho trovato la mia dimensione nella corsa, ma può essere qualsiasi altra cosa: andare al cinema, coltivare l’orto, fare un maglione, costruire un armadio….
Sei stato letteralmente travolto dal successo, te lo aspettavi?
Assolutamente no, anzi mentre lo scrivevo avevo il timore di fare brutta figura in libreria, invece a distanza di un anno dalla pubblicazione continuo a presentare il libro in giro per l’Italia. La realtà è che non è più mio, appartiene alle persone, perché ognuno l’ha fatto suo in qualche modo. Questo ne ha decretato il successo. So che una ragazza in Sardegna ne ha comprate venticinque copie per regalarle alle persone in difficoltà.
Parlami della gestazione del libro
Cominciamo col dire che il libro è romanzato al 20%, credo sia chiaro che per la gran parte si tratta della mia storia personale. Lo specialista che mi aveva in cura mi disse che avrei dovuto racontare la mia esperienza per aiutare gli altri, dato che di mestiere faccio il giornalista. Io però stavo molto male e non riuscivo a scrivere neanche un pensierino. Poi un giorno scrissi un racconto di fantasia, su ciò che si prova al trentesimo chilometro della maratona e mi resi conto che funzionava. Quel racconto, che poi è diventato un capitolo del libro, ha rappresentato le fondamenta del romanzo.
Una delle difficoltà più grandi per chi soffre di depressione è superare la vergogna di parlarne agli altri. Il tuo libro permette un po’ di abbattere questo muro, sdogana questa malattia agli occhi della gente.
Purtroppo è così, ed è un errore che facevo anche io finché non mi sono ammalato. Pensavo che i depressi fossero degli smidollati, persone che non sapevano vedere il bicchiere della vita mezzo pieno. Poi qualcuno dall’alto ha deciso di farmi sperimentare questa malattia. Perché non dimentichiamoci che è una malattia. Con la differenza che se ti becchi l’epatite, o l’influenza, per fare degli esempi, non ti vergogni ad ammetterlo agli altri. E’ il primo passo secondo me, per uscire dalla depressione. Da quel momento riesci a vedere un po’ di luce in fondo al tunnel.
Come ha avuto inizio la tua depressione?
Io identifico la sua effettiva comparsa con un episodio accaduto all’interno di un cinema. Ebbi un attacco di panico, l’unico per fortuna. All’improvviso mi sono sentito spegnere, non sentivo più il cuore battere, e ho creduto di stare per morire. Non ero terrorizzato, ero rassegnato alla morte. La mia compagna ha capito immediatamente che stavo molto male, perché conoscendo il mio amore per il cinema, sa che non lascerei mai un film iniziato.
Qual era il momento più brutto della giornata, mentre affrontavi la malattia?
Il mattino, quando ti svegliavi e avevi di fronte una giornata di dolore.
Una figura centrale del tuo racconto è certamente la tua compagna: quanto è stata d’aiuto per vincere la depressione?
E’ stata molto importante, perché è stata lucida al momento giusto, ha pensato per me. Io stavo affogando e avrei seguito la strada più semplice possibile pur di stare meglio, lei ebbe la lucidità di indirizzarmi da uno specialista, Una persona che avesse i giusti strumenti per aiutarmi. Che mi desse la giusta cura, che non fosse però esclusivamente farmacologica, ma anche dello spirito. Infatti ricordo che quando dopo sedici mesi decisi di tornare al lavoro, gli manifestai tutti i miei timori, e lui anziché ritoccare la mia terapia mi diede una frase di Isabella d’Este, da portare con me: “Va’ senza speranza, ma senza paura”.
E tuo nipote Andrea?
Andrea, purtroppo, se n'è andato troppo presto, a soli 23 anni, a causa della fibrosi cistica, contro cui a combattuto fino all'ultimo. Sarebbe voluto venire con me alla Maratona di New York, ma non ce l'ha fatta. Sarebbe diventato un grande regista, si trovano ancora i suoi video su Youtube. Quando corro una maratona e vado crisi, lui c'è, è con me, e mi aiuta ad arrivare al traguardo. A Berlino addirittura lo evocai ad alta voce.
Spiega a chi non corre cosa vuoi dire con “la corsa mi ha salvato”.
La corsa mi ha salvato perché mi ha dato qualcosa di importante da rincorrere e mi ha permesso di allontanarmi dalle forze del buio, di scappare dai fantasmi, dai rimpianti, dagli incubi. Di avvicinarmi ai sogni, da conquistare però con fatica. Inoltre mi ha arricchito, ho potuto riappropriarmi delle stagioni, delle sensazioni sul mio corpo, prendere il vento, la pioggia, bere a una fontanella, cose a cui non avevo mai badato prima.
A cosa stai lavorando ora? Ci sarà un seguito di “Corri”?
Si, ci sarà un seguito ma non nell’immediato. Uscirà prima un altro libro che non ha nulla a che vedere con la corsa. Per quanto riguarda il secondo capitolo di “Corri”, ti posso solo dire che le prime venti righe sono veramente molto forti. Ho già scelto anche il titolo, ma naturalmente non te lo posso rivelare. Ho deciso di scriverlo perché volevo che fosse una risposta alla domanda che molti mi hanno posto: “ma se cadi di nuovo, come fai”? Credo fosse doveroso rispondere ai miei lettori. Penso che ne uscirà una grande storia, a chi è piaciuto “Corri” piacerà anche il seguito.