Psicologia post Coronavirus, parola all'esperta:"Sarebbe un errore voler tornare alla vita di prima".

C'è un aspetto che nel pieno dell'emergenza Covid19 viene poco considerato, perché elemento poco tangibile al momento e sovrastato da quelle che vengono considerate priorità più impellenti: quello psicologico. L'impatto che questa esperienza sta avendo e avrà su di noi rivoluzionerà radicalmente la vita della popolazione mondiale, se è vero che da ogni causa scaturisce un effetto. Per parlare delle problematiche attuali e future, ma anche dei possibili cambiamenti in positivo che la società potrebbe assumere, ci siamo rivolti alla Dottoressa Marilena Tettamanzi, esperta in psicologia dell'emergenza e collaboratrice, tra le altre sue numerose attività, dell'Unità di Ricerca della Psicologia dell'Emergenza e dell'Assistenza Umanitaria, all'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano.

Buongiorno Marilena, so che lei continua il suo lavoro con sedute via Skype, ma anche semplicemente col telefono. Quali sono i disagi maggiori che i suoi pazienti hanno palesato in queste settimane?

Vi sono dei distinguo da fare. Ci sono persone che erano già in terapia e che vogliono continuare il loro percorso di cura, il cui disagio può non essere strettamente legato alla situazione che stiamo vivendo. Potrebbe accentuarsi, certo, per alcuni è stato così, ad esempio in quei nuclei familiari ove vi sono conflitti, ma anche attenuarsi per altri. Poi ci sono una serie nuove richieste, anche da parte delle aziende per esempio, che sono alla ricerca di qualcuno che possa fornire un parere, una consulenza ai propri dipendenti alle prese con tensioni e stati ansiosi generati dalla mutazione del contesto spazio-temporale, che ci costringe all'isolamento.

Ci sono persone che non hanno accusato affatto le problematiche causate dal distanziamento sociale. Anche questo può essere preoccupante a livello psicologico?

Laddove la chiusura non è psicotica, io direi di no. Mi riferisco a quei casi in cui insieme al distanziamento sociale, si rischia di prendere le distanze anche dalla realtà. In questo momento non andrei a insinuare il dubbio in persone che stanno affrontando bene questa situazione. Uno dei valori principali dell'equilibrio psichico delle persone è riuscire a stare da soli, una capacità che oggi viene molto poco stimolata.

Oggi la parola d'ordine è smart working. Anche le aziende più riluttanti hanno dovuto arrendersi all'evidenza e ricorrervi in fretta e furia. Ma è davvero solo un vantaggio, o ci sono spetti da considerare con più attenzione?

Tutto va sempre calato all'interno della vita delle persone, non è assolutamente bene o assolutamente male. Credo che dobbiamo diventare bravi nella gestione del tempo, saperci creare spazi all'interno della giornata. Mi è capitato di parlare con persone che cominciano a lavorare appena svegli e finiscono a sera tardi, perché tanto non c'è altro da fare. Questo non va bene. C'è poi l'aspetto contrario. In una famiglia con moglie e marito in smart working e figli in e-learning, chi fa che cosa, e quando? Gestire lavoro e studio di 3 o più persone tutte nella stessa casa, è un grosso problema.

Quando saremo fuori dall'emergenza pensa che molti operatori della sanità avranno bisogno di sostegno psicologico?

Sicuramente in futuro vi sarà un grande bisogno di supporto per tutti coloro che hanno vissuto in prima linea questa emergenza. Supporto che va offerto indipendentemente dalla richiesta, non dobbiamo aspettare che siano loro a chiedere aiuto. Aggiungo un' altra criticità che andrà affrontata: bisognerà supportare anche le persone che si troveranno a gestire la perdita dei familiari senza aver dato loro un ultimo saluto, non riuscendo così ad elaborare il lutto.

Crede che i tanto vituperati social media, che in questo momento ci stanno aiutando a restare in contatto con gli altri, ci permettano di conservare una illusoria normalità?

Si, anche se dovremmo un po' disciplinarci. Forse la situazione ci è un po' sfuggita di mano, ci sono tutorial per qualsiasi cosa, consigli, webinar, dirette. Fidiamoci della capacità delle persone di mettersi in relazione e conserviamo del tempo per pensare, non lasciamo che la nostra vita venga invasa.

A proposito di questo, da tutte le direzioni e a diverso titolo ci sono giunti consigli su come trascorrere il tempo a casa: pulisci l'ambiente, non restare in pigiama, fai esercizio, ecc. Siamo arrivati al limite dell'ingerenza, o sbaglio?

Partendo dal presupposto che certamente tutti i consigli ci vengono offerti con le migliori intenzioni, credo che il modo migliore per recepirli sia sotto forma di opportunità, che possiamo scegliere di cogliere oppure no, senza sentirci ulteriormente costretti.

Ho avuto modo di osservare da vicino il mondo dello sport amatoriale nel corso delle scorse settimane, devo dire che per molti è stato davvero difficoltoso accettare il fatto che l'attività fisica all'aperto non fosse consentita. Qual è però il confine tra passione e ossessione?

L'attività fisica è certamente importante, detto questo secondo me se non stiamo parlando di professionisti è plausibile poter contemplare un periodo di stop, per causa di forza maggiore, come in questo caso. Questa emergenza sta costringendo il mondo a rallentare, per forza di cose dobbiamo rallentare anche noi che ci stiamo sopra.

Nei primissimi giorni dell'emergenza Coronavirus ci siamo riscoperti grandi patrioti, foderato i balconi con il tricolore e cantato l'inno nazionale. Poi siamo tornati ad odiarci l'un l'altro come prima e a guardare solo a noi stessi.

Sono due fasi assolutamente normali in un momento di crisi. In psicologia dell'emergenza la prima è chiamata "fase della luna di miele". Immediatamente dopo invece i conflitti si acuiscono, lo possiamo facilmente constatare anche in politica, dove dopo un primo momento in cui l'intenzione era quella di remare tutti dalla stessa parte, ora si è tornati a litigare come e più di prima. C'è però il rischio di andare in cerca di un capro espiatorio, per sfogare la propria aggressività.

Quali atteggiamenti potrebbe assumere in futuro una società civile che esce da questo cataclisma esistenziale?

Da questa crisi scaturirà una biforcazione: la strada che stavamo percorrendo si è interrotta e ne inizia una nuova attraverso un correttivo. Non potremo certamente ristabilire l'equilibrio precedente e tornare alla vita di prima, dobbiamo trovare un nuovo equilibrio, facendo tesoro delle esperienze acquisite.