Previsione dei tempi

Dice Gattoscrivente di Carlo Esposito

Cosa sta succedendo, cosa succederà?

Da molto tempo gli amici mi sfottono, pare che io azzecchi tutte le previsioni, specialmente in materia di Covid. Tranquilli, non ho il dono della preveggenza, non sono diventato improvvisamente GattoNostradamus. Semplicemente sono curioso, e a volte faccio funzionare autonomamente quei quattro neuroni che ho mettendoli in croce. I latini dicevano (sfottendo) “Beati monoculi in terra caecorum”, ed evidentemente a chi di neuroni ne ha solo due e può produrre pertanto solo segmenti, le mie doti previsionali possono apparire straordinarie. Poi basta semplicemente NON farne, di previsioni, se non sei assolutamente sicuro.

Cosa sta accadendo al mondo della corsa è evidente. Lo avevo descritto già nella postfazione del mio libro “Inferno 2019” dal titolo “il virus dei runners”, scritta in pieno lock down.

I bloghettini, gli organizzatori di paese e l’indotto a nero e per contanti  (fotografi, speakers, sponsor lavasoldi) hanno cercato in tutti i modi di sobillare la piazza, strappare un impossibile rientro alle gare, vergognoso e parecchio singhiozzato, passando dal vittimismo, dalla retorica di appartenenza, in tentativi sempre più puerili di mantenere alta l’attenzione dei potenziali clienti, nella convinzione che la tragedia sarebbe durata poco.

“Stiamo tornando, siamo già tornati!”, “Abbiamo corso sui terrazzi, abbiamo corso sui balconi”: avete presente, no? Frasi altisonanti, inutili, sciocche, sopra le righe, si sono sprecate per mesi, ovunque, ma si sono andate a infrangere contro la dura realtà dei fatti: una totale mancanza di rispetto delle regole da parte di costoro, evidenziata in tante, troppe foto, tutte inverecondamente pubbliche, tutte sbattute in faccia sui social;  un nuovo disastroso (e inevitabile) lock down, e ancora prima, la strage di gare e garette annullate dopo tonitruanti e battaglieri annunci di conferma.

Perché questa gentaglia ha cercato la via della piazza?

Ma è ovvio. Soldi.  E non soldi grossi, ma roba da miserabili, che comunque ti fanno arrotondare e tirare avanti, dandoti peraltro la sensazione di avere un seguito, di far parte di una struttura di potere per il semplice fatto di scambiare favori, prebende, pettorali, incarichi, uffici stampa, fotografie.

Il loro problema è che non possono protestare in piazza come gli esercenti, gli operai o i tassisti. Per trent’anni ci hanno detto che la loro è pura passione, che non guadagnavano nulla, adesso mica possono venire a dire che gli mancano quei cento euro intascati ogni domenica senza sforzo.

Scompariranno entro sei mesi, seppelliti dalla marea di figuracce che hanno collezionato durante l’estate a contrabbandare sciocchezze, e chiuderanno semplicemente bottega. Non vale la pena darsene troppa pena. Ogni tanto li prendo in giro, ma non mi ci arrabbio nemmeno più. Sono sempre più soli, oltranzisti, esauriti, nauseabondi: il più delle volte basta mostrare al mondo le sciocchezze che scrivono per farsi parecchie risate.

Ora, veniamo ai runners, cosa succederà? Me lo chiese il mio amico Gianfranco, meno di un mese fa.

Un grande repulisti, è inutile nasconderselo. In assenza di competizioni, già molti dicono di aver perso la motivazione. La prossima campagna di tesseramento sarà una vera e propria strage, complice anche la Fidal che ha operato alcune scelte dissennate, oltre ad avere un tempo di reazione da cadavere in rigor mortis.

In assenza di selfie di gruppo linguacciuti (che, vi ricordo, sono sempre stati proibiti anche nei mesi di calma apparente), di Patafiocche molto svestite (e molto lente) a cui abbracciarsi nel pre e post gara, in assenza di medagliette tra i denti e pacchi gara totemici da esibire ci sarà una straordinaria selezione.

Resteranno coloro che sono veramente sportivi, che hanno una vera passione, e non una malattia mentale.

E’ un’occasione storica, c’è davvero la possibilità di ritornare a un mondo della corsa NON STADIA più pulito, più puro, più semplice e meno ostentato. Niente pace makers, niente risse social, niente oscure conventicole, niente bloghettini, niente foto, niente speakers. E mi auguro niente medaglie e pacchi gara. Soltanto corsa, sudore, sacrificio e dannatissimi risultati. Bastano solo altri dodici mesi senza gare, verrà tutto da sé. Peccato che il prezzo da pagare sia così alto, ma in fondo, è sempre stato così.

Come scrive Marquez nel suo capolavoro, “Cent’anni di solitudine”, dopo quattro anni di Diluvio gli abitanti di Macondo erano, allo spuntare del sole, straordinariamente felici: per essere vivi, certo, ma soprattutto per avere di nuovo il loro paese per quello che era una volta, senza benessere, senza compagnia bananiera, senza feste protratte fino all’alba, senza casse di cognac e champagne usate per lavarsi in strada bruciando fasci di banconote per ostentare potere, disprezzo e sperpero folle.

Il loro paese era tornato ad essere Macondo. Lavato da tutto il superfluo. E perfino Aureliano secondo era dimagrito, e aveva trovato la pace.

Lo auguro a tutti voi, che amate questo sport. Di ritrovarlo semplice e pulito. Di correre e basta. E come dice Guccini “A CULO TUTTO IL RESTO!”

Nel regno dei cieli si corre per correre.