Oscurantismo.net

Dice Gattoscrivente di Carlo Esposito

Siamo sicuri che sia giornalismo? Siamo sicuri che sia sportivo?

Nel panorama dei bloghettini che infestano il web occupandosi di sport, i più gustosi sono quelli delle Patafiocche, ovvio. Vuoti, retorici, autoreferenziali, ripetitivi, infantili. I più pericolosi invece sono quelli di sedicenti giornalisti che, come sempre accade in italia, piuttosto che informare l’opinione pubblica si preoccupano di influenzarla per i propri fini. Come dimenticare i deliri complottisti sul caso Schwazer? Addirittura a Marzo su Queen Atletica appariva un’intervista a Donati il quale senza vergogna alcuna affermava che la Pandemia è un’occasione. Per il suo pupillo dopato, ovvio.

Giusto l’altro ieri Cesare Monetti, direttore di Runtoday, se ne è uscito con un titolo apocalittico sulla vicenda delle sospensioni per doping alla Sofia Marathon.

Testualmente il Nostro gigioneggia scrivendo: MA ALLORA E’ PROPRIO VERO CHE QUELLI DAVANTI SONO TUTTI BOMBATI?

Ecco, se io fossi, che so…. Calcaterra, Velatta, Straneo, Crippa, Dossena….gli andrei a chiedere conto di queste sciocchezze, visto e considerato che si è distratto parecchio ad esempio omettendo del tutto di parlare del caso di Carmine Galletta (il recordman italiano delle squalifiche per doping, fine pena 2065) Pacer alla Napoli City Half Marathon, di cui guarda caso lui cura l’ufficio stampa. Oppure, come nel caso Guidi, si è apertamente schierato CONTRO gli organi Antidoping giudicanti, in un gustosissimo pezzo in cui affermava che “se si fosse dopato rischiava meno”. Eh, quando tocca agli amici la musica cambia, e di brutto. E vabbè, sei fatto così, pazienza, ma non puoi pretendere poi di avere uno straccio di credibilità, eh.

Il problema col doping è proprio questo: sporca tutto, ti fa dubitare di tutto, specie se a parlarne sono persone poco titolate e per nulla informate. Che scrivono, scrivono, ma poi campano di foto alle gare.

La palma d’oro però va, come sempre, a Podistinet, che non si distingue solo per il becero negazionismo in materia di Covid e per l’aberrante politica sobillatoria per un rientro alle gare (dove loro devono fare le foto e gli speaker). Quando si tratta di doping, le cose peggiori vengono scritte qui, ogni volta casco dalla sedia. Dunque: il direttore Fabio Marri, il 27 ottobre scorso se ne esce con un articolo dal titolo: “spazio all’autodifesa di El Khalil”.

E partiamo proprio da questo: perché autodifesa e perché dare spazio? Non è stato mica linciato in piazza in stile far west, è stato giudicato da un Tribunale Nazionale Antidoping, IN DUE DISTINTE UDIENZE, e ha potuto difendersi, con i suoi avvocati, come sancito dalla Costituzione della Repubblica Italiana. Ed è stato condannato al massimo della pena prevista. Come ho scritto, i magistrati hanno la tendenza a incazzarsi quando si sentono presi per il culo. Adesso vedrete.

Ciononostante viene dato spazio al suo delirio, invocando la “libertà di stampa”.

Fabio Marri, dimenticando le due udienze e le due sentenze di condanna lo chiama “reo”. Sì, proprio così, le virgolette sono sue. Eppure, se chiunque è innocente fino a prova contraria, poi dopo una sentenza sei colpevole fino a sentenza contraria. Questo assunto elementare viene ignorato dal Nostro, che giganteggia nel suo cortile razzolando proprio sulla Costituzione.

Ma vediamole queste dichiarazioni del povero El Khalil perseguitato dalla cattivissima Nado Italia!

Dunque lui dice che la moglie aveva appena partorito, e quindi giustamente, preoccupatissimo, è andato a gareggiare. Poi, afferma il nostro, “dopo aver fatto il primo giro mi è stato detto che mia moglie stava male, ho abbandonato immediatamente la gara e mi sono recato in ospedale”.

La prima cosa che mi viene in mente è: come? Come ti hanno avvertito? Urlando? Con il microfono dello Speaker? Parandosi all’improvviso davanti a te mentre correvi a circa 20 km/h? Senza passare dallo spogliatoio, senza prendere i documenti, ancora in tenuta da corsa col pettorale spillato, si mette in macchina e sfreccia verso l’ospedale. Anzi no, me lo immagino alla Forrest Gump, ci va correndo, scavalcando muri e abbattendo recinzioni. Una volta arrivato lì, i medici magari nemmeno lo fanno entrare nella stanza. Però arriva una telefonata (dove? Sul suo cellulare? Allora è passato dallo spogliatoio? O direttamente sul fisso del primario di neonatologia?) e gli dicono che lo stanno aspettando quelli dell’antidoping per avere un po’ della sua preziosa pipì. Lui si rifiuta di muoversi, dice al medico dell’antidoping che se vuole può andare in ospedale. Figuriamoci, una barzelletta; e badate bene,nessuna di queste domande, che verrebbero in mente a un qualsiasi primate dotato di pollice opponibile viene posta dal nostro immenso giornalista. El Khalil risulta quindi assente al controllo. Già la telefonata, se è arrivata, è una cosa estremamente garantista, mica era dovuta. Primo controllo saltato, fanno quattro anni. Al secondo controllo ci dice El Khalil candidamente, il dottore è venuto all’ora sbagliata, lui ne aveva indicata un’altra, e nemmeno gli hanno telefonato. Però, come apprendiamo con sgomento, lui aveva dato un indirizzo sbagliato!! Ecco, vedete, quando vi seppelliscono di informazioni inutili, vi stanno fregando. Ci vogliamo credere, Yassin, ma se il medico fosse venuto all’ora giusta manco ti avrebbe trovato.

Cioè, immaginate la scena di un carabiniere che mi ferma a un controllo e io esibisco il libretto di un’altra auto. Io dico che si incazza, e mi fa nero. E dico che fa bene.

Assente al controllo, la seconda volta fanno otto anni. Bye Bye, Yassin, stai a casa fino al 2028. E ti è andata pure bene, potevano far iniziare questa seconda squalifica dalla fine della prima, quindi sarebbe stato 2032.

Attenzione, adesso viene il meglio: Fabio Marri, come conclude?

“Al momento c’è una squalifica, insolitamente pesante, che costituisce l’unico elemento certo”.

No, Fabietto, le sentenze non sono elementi, sono sentenze. Sono pietre tombali, sono la fine dei giochi. E non è insolitamente pesante, fidati. Ci sono andati leggeri.

Ecco, questo lo chiamano giornalismo sportivo.

Questa la chiamano informazione in materia di doping.

Come ho scritto nel mio ultimo libro, “Inferno 2019”, il doping non è solo un problema di chi lo usa o lo spaccia. E’ anche un problema di chi lo giustifica e lo minimizza, con le motivazioni più ridicole e assurde. Dovete stare molto attenti a come parlate di doping, perché io non faccio sconti a nessuno.

Me lo posso permettere,  e sapete perché?

Non ho un blog, e non campo di uffici stampa e foto alle gare.