Muhammad Alì, il giorno in cui divenne re della giungla.

Butterfly Effect è quella teoria secondo cui da un battito d'ali di una farfalla, prende il via una serie di eventi che concatenati scatenano un uragano. Ed è proprio rispondendo a questa teoria che il furto di una bicicletta nel 1954 a Louisville, negli Stati Uniti, diviene l'apparentemente insignificante battito d'ali che 20 anni dopo, scatena nello Zaire un uragano: due pugili di colore, si contendono il titolo mondiale dei pesi massimi. Il piccolo Cassius Clay di soli 12 anni, decide di darsi alla boxe perché vuole dare una lezione a quelli che gli hanno rubato la bici, appena riuscirà a scovarli. È facile supporre che non troverà mai né loro né la bicicletta, in compenso diventerà il più grande peso massimo di tutti i tempi, col nome di Muhammad Alì. E per diventare il più grande di sempre, bisogna aver combattuto il match più importante di sempre.

"Questo match si terrà nello Zaire solo per una questione di soldi". (Muhammad Alì)

Muhammad Alì contro George Foreman. Probabilmente il più celebre incontro di boxe di tutti i tempi, quello che Don King, discusso e discutibile uomo d'affari e organizzatore dell'evento, si premurerà di chiamare "Rumble in the Jungle". Comincia da questa contraddizione, organizzare cioè un match di pugilato in Africa per una questione di denaro, una sfida che non ha a che fare soltanto con la contesa per il titolo mondiale dei pesi massimi, ma è anche un evento politico planetario. Servono 10 milioni di dollari, da spartire alla pari tra i due contendenti, per farli salire sul ring. E dove li trova Don King? Negli Usa? nel Regno Unito? In un emirato saudita? No, nello Zaire. il presidente Mobutu, che in realtà è un dittatore, mette quella montagna di denaro, la più alta borsa mai messa in palio in un incontro, di tasca propria sul piatto affinché uno dei più grandi eventi sportivi di sempre si svolga nel suo Paese. Una mossa propagandistica estremamente audace. Se in questa storia la politica indossa i guantoni da boxe, questo è certamente il primo pugno sferrato di tutto l'incontro.

"George Foreman era il campione del mondo ma non sapevamo che aspetto avesse, eravamo convinti fosse un bianco. Solo quando è sceso dalla scaletta dell'areo ci siamo resi conto che anche lui era un nero". (Tifoso di Alì)

In Zaire la gran parte della gente è già dalla parte di Alì molto prima che l'incontro abbia inizio, in realtà ancora prima che i contendenti arrivino sul suo africano. L'ex campione non è solo un pugile, ma anche uno dei più influenti personaggi a livello politico degli anni 6o e 70, navigare all'interno della questione razziale per lui non è nulla di nuovo, ma nessuno si aspetta possa utilizzare questa arma in preparazione alla sfida contro un pugile il cui colore della pelle è più nero del suo. Alcuni definisco Foreman "la negritudine", ma l'abile propaganda di Alì ha presa nell'immaginario della gente, soprattutto nell'immaginario del popolo africano. Nella maggior parte dei casi questi infatti non conoscono le sembianze del campione del mondo, così le parole di Alì sortiscono l'effetto di dipingere Foreman come figura di spicco asservita all'America bianca, facendolo sembrare addirittura uno Zio Tom. Così Muhammad, del tutto arbitrariamente in questo caso, si erge a unico reggente e difensore dei diritti dei neri portandoli idealmente tutti nel suo angolo. George invece è un uomo solo, quando scende dalla scaletta dell'aereo è già in svantaggio di un round.

"Non mi piace che la gente gridi «buma-ye», preferirei gridassero «George sta con i fratelli neri»". (George Foreman)

George è più giovane di Alì, si è solo occupato di boxare fino a quel momento e poco altro. Foreman non ha compreso che nonostante sia lui il campione del mondo, non è il protagonista principale di questa storia e soprattutto non ha capito che non si tratta solo di pugilato. C'è molto di più in palio: le luci scintillanti del Madison Square Garden sono lontane, lì sì, probabilmente sarebbe stato solo un incontro di boxe. Ma non nello Zaire. Mentre la gente ovunque per le strade grida "Alì buma-ye" ovvero "Alì uccidilo"(chissà se fu davvero un moto spontaneo o se non furono fomentai dall'entourage di Muhammad), Foreman dichiara a un manipolo di giornalisti che hanno assistito a un suo allenamento, che non gli piacerebbe che i suoi sostenitori gridassero la stessa frase al suo avversario. Preferirebbe una frase pro George che contro Alì. Forse questo è un suggerimento di qualcuno a lui vicino, per recuperare qualche punto nell'indice di gradimento della popolazione locale, dato che al contrario del suo avversario preferisce parlare poco e farsi vedere in giro ancora meno. Fatto sta che l'intento di apparire di animo più nobile rispetto al suo antagonista, ormai è una goccia nel mare di Alì. È tardi per rendersi conto che le acque sono agitate e il maremoto l'ha scatenato proprio il suo avversario. E in ogni caso vi è poco di nobile nei contorni di questa storia, a partire dagli uomini che hanno vergato le prime righe, ovvero Don King e Mobutu e dei loro soldi grondanti del sangue della gente che il dittatore ha fatto assassinare, proprio all'interno dello stadio dove si disputerà l'incontro.

"Lo spogliatoio di Alì sembrava un obitorio, erano tutti tristi, pareva di assistere dal vivo all'«Ultima Cena»". (Norman Mailer)

Norman Mailer giornalista e scrittore, descrive così la scena negli spogliatoi. Con l'ex campione dei pesi massimi intento a rassicurare e confortare la sua crew. Alcuni sono addirittura in lacrime, in cuor loro sentono che Alì sta andando incontro a una dura sconfitta. Sconfitta che sarebbe il sipario sulla sua carriera. Non sono colti da un improvviso pessimismo, è quello che in realtà pensa la maggior parte della gente. Foreman è più giovane, più forte. Il campione è un gigante, molto più alto e più grosso dello sfidante. Vedergli fare il sacco in allenamento fa impressione, scaglia roccia granitica imbottita di tritolo contro quel coso, lasciandovi sopra un cratere ogni volta. Pensare a cosa possa fare ad un uomo con la forza di cui dispone, fa drizzare i capelli dalla paura. Lo staff di Alì si premura che quelle immagini non giungano mai alla sua vista. Anche se in passato Muhammad ha già sconfitto pugili più potenti di lui, grazie alla sua maggior tecnica e velocità, l'impresa questa volta sembra davvero improba. Inoltre è reduce da una lunga inattività causa renitenza alla leva e da quando è tornato a combattere, nel 1971 , non è più un pugile imbattibile. Ma Il biblico Davide contro Golia, quasi tremila anni dopo, si sta per ripetere sul quadrato di un ring.

"È tutto quello che hai da dare George?" (Muhammad Alì)

Kinshasa, 30 ottobre 1974. I pugili sono al centro del ring. I due si guardano mentre l'arbitro dà loro le ultime istruzioni. Vi sono 100.000 spettatori dal vivo e molti altri milioni davanti alla tv. Alì non sta zitto un attimo, inveisce contro l'avversario fin dal primo istante, Foreman invece tace ma ha uno sguardo che farebbe paura a chiunque. Inizia la prima ripresa, tutti sanno che dopo tutto il gran parlare che ha fatto, lo sfidante deve partire a spron battuto altrimenti il suo bluff verrà immediatamente alla luce. Anni dopo spiegherà il perché prima di ogni incontro fosse così provocatorio nei confronti dei suoi avversari:"Dovevo fare il modo che chi non faceva il tifo per me, pagasse il prezzo del biglietto nella speranza di vedermi perdere".

Come prevedibile la prima ripresa finisce nel carniere di Alì. Foreman ha certamente previsto un inizio sfavorevole, ma quello che non ha capito è che è tutta scena. Lo sfidante sa bene che per tutto il resto dell'incontro dovrà difendersi dalle cannonate di George, che infatti per le successive 4 riprese fa al suo avversario esattamente quello che faceva al sacco, in allenamento. Muhammad è costretto alle corde, abbraccia il rivale nella speranza di guadagnare secondi, un paio di volte ondeggia paurosamente sulle sue gambe che mai sono parse così esili e sul punto di cedere in uno schianto sordo e definitivo. Persino la campana gli viene in soccorso quando sembra prossimo al ko. Ma resiste. E Foreman quando inizia la sesta ripresa comincia ad accusare la stanchezza. Dirà in seguito"Gli ho fatto di tutto, l'ho massacrato e per 5 round ho creduto che fosse facile. Poi durante il sesto round l'ho colpito ad un fianco e mi ha sussurrato «È tutto quello che hai da dare George?» Ebbene si, era tutto quello che avevo da dare".

All'inizio dell'ottava ripresa Foreman sembra già un pendolo, ondeggia come fosse suonato o ubriaco. Si protegge il volto allungando le braccia davanti a sé, per non farsi colpire dall'avversario. Alì, costretto nuovamente all'angolo si scopre, George trova le ultime energie per scagliare verso il rivale un sinistro che se andasse a bersaglio lo spedirebbe definitivamente su Marte. Muhammad si abbassa rapidamente, schiva il colpo e a causa della forza cinetica per poco Foreman stesso non finisce fuori dal ring. Ora più che costretto all'angolo Alì sembra volerci restare, come fosse in rimessa prima dell'assalto finale. Per un altri due minuti Foreman colpisce a raffica ma un po' a caso, con pugni scagliati in tutte le direzioni, come fanno i ragazzini fuori dalla scuola. È esausto. Quei colpi non possono più procurare danni al suo avversario, che sta solo aspettando che lui si scopra. Mancano meno di venti secondi alla campana. Il lato sinistro di Foreman è scoperto. Destro di Alì al volto del campione. Ancora destro, ancora a segno. Alì esce dall'angolo poi destro, destro, sinistro, destro. 6 colpi, come 6 morsi di un serpente. Tutti al volto di Foreman, tutti a segno. George tenta invano di resistere alla gravità, ma non può che cedere all'inerzia del suo corpo che cade, inesorabilmente stordito dalla sequenza mortifera di Alì. Il tonfo è paragonabile alla caduta di un enorme albero secolare che viene abbattuto. Il rombo nella giungla è quello di Foreman che viene messo al tappeto. La folla è in delirio, il boato è assordante, l'arbitro inizia il conteggio che arriva a 8, ma è evidente che George non è in grado di proseguire. Contro tutti i pronostici, come quando conquistò per la prima volta il titolo contro Sonny Liston nel 1964, Muhammad Alì riconquista la corona dei pesi massimi.

"Dai chiamami più spesso, va bene?" (George Foreman)

A seguito di quella sconfitta Foreman cadde in depressione e nel 1977 si ritirò, ma nel 1987 tornerà sul ring e 7 anni dopo, all'età di 45 anni, riconquisterà il titolo mondiale contro Moorer. Muhammad Alì invece continuerà a combattere fino al 1981, perdendo e riconquistando il titolo una terza volta, inseguendo vanamente il quarto alloro. In seguito i due divennero molto amici, facevano lunghe chiacchierate parlando soprattutto del loro incontro e di religione. Foreman infatti divenne un predicatore per la Chiesa Cattolica, mentre Alì era da sempre un fervente musulmano. Nel libro di Federico Buffa ed Elena Catozzi "Muhammad Alì" viene riportata la trascrizione di una telefonata risalente al 3 dicembre 1979, in cui i due parlano proprio di religione e che termina con George Foreman che esorta Muhammad Alì a telefonargli più spesso, almeno una volta al mese! "Va bene, lo farò", sarà la sua risposta.