"Muhammad Alì è stato più grande dello sport stesso".

Ci sono sportivi di cui non vorremo mai smettere sapere, di cui non apprendiamo mai abbastanza. Uno di questi è stato senza dubbio Muhammad Alì, al secolo Cassius Clay. Su di lui sono stati versati fiumi di inchiostro, girati documentari, prodotto film, eppure non siamo mai sazi, vorremmo spingerci sempre un pochino oltre. Bene, se avete voglia di andare ancora un po' più in là, potete farlo grazie al libro scritto da Massimo Cecchini, "Muhammad Alì, il guerriero che sapeva volare". La storia del campione è così ricca di spunti e aneddoti che spesso si finisce per sorvolarla, senza riuscire a guardarla da vicino. Grazie a Massimo, che è un maestro del giornalismo sportivo e non solo, con questo riuscitissimo libro ci porta nelle pieghe della vita di "The Greatest".

Come sei riuscito ad entrare così a fondo ad una storia che è già stata raccontata in diverse salse?

Su Muhammad Alì si potrebbe scrivere una enciclopedia, non solo vi è amplissima bibliografia, ma vi sono anche film e documentari, così ricchi di particolarità ed aneddoti che si potrebbero riempire volumi di narrativa. Credo che come per tutti quelli che decidono di scrivere un libro su di lui, il punto di partenza e allo stesso tempo la prima pietra di paragone sia la sua autobiografia. Si presume che in essa l'autore, parlando di sé stesso, sia completamente sincero, ma in realtà si sospetta che la Nation of Islam ci abbia messi il naso e soprattutto le mani, edulcorando molto il suo contenuto. In ogni caso è stato un personaggio così contraddittorio nella sua grandezza, che i punti di vista sono i più disparati.

Nel libro scrivi che Alì credeva così tanto nei suoi ideali, da sacrificare anche la sua carne e il suo sangue. Sembra quasi un parallelo con Cristo.

Si certo, è chiaramente un richiamo all'eucarestia. Ha sacrificato 3 anni della sua vita, quelli che probabilmente sarebbero stati i migliori della sua carriera, mettendo in gioco il suo corpo, ecco perché il riferimento alla carne e al sangue. Se la Corte Suprema non avesse ribaltato la sentenza che lo aveva condannato a 5 anni di carcere, grazie a un solo voto di scarto, ricordiamolo, oggi non saremmo qui a parlare di Alì. Ci ricorderemmo di lui come un buon peso massimo, che non si espresse il meglio del suo potenziale e di cui non avremmo saputo più nulla, fino alla sua morte.

In un Paese moralista come gli Stati Uniti, un uomo tutt'altro che integerrimo come lui come ha fatto a farla franca?

Perché non è vissuto nell'epoca di internet e dei social. Benché molte delle cose che diceva erano finalizzate alla propaganda dei suoi match, oggi certe dichiarazioni riceverebbero feroci critiche e sarebbero fortemente stigmatizzate. Movimenti come Black Lives Matter o Me Too, che all'epoca non esistevano, non avrebbero permesso che la sua esuberanza verbale sfociasse nel becero.

Sulla regolarità di alcuni suoi incontri si sono addensati molti sospetti, perché?

Negli anni 50 e 60 la mafia italoamericana controllava il mondo delle scommesse e del pugilato. Muhammad era figlio suoi tempi, sebbene non avesse bisogno di quel tipo di "favori", sia il primo che il secondo incontro con Sonny Liston furono molto chiacchierati. Sembrava impossibile che un pugile talentuoso, ma ancora apparentemente acerbo come Alì, potesse battere Liston. Credo però che furono questi gli unici combattimenti in cui si possa adombrare un qualche sospetto. Sul finire della sua carriera beneficiò di alcuni verdetti discutibili, è vero, ma furono figli di una sorta di sudditanza psicologica da parte degli arbitri, piuttosto che trucchi di altro tipo.

Veniamo ad Angelo Dundee. Figura centrale della carriera di Alì, eppure è stato anche all'angolo opposto a quello del campione.

Angelo ha legato gran parte della sua vita professionale a quella di Muhammad Alì. Poi come spesso succede nei lunghi sodalizi, ad un certo ci si pone davanti un bivio e può capitare che le strade si dividano. Lo vediamo succedere tutti gli anni nel mondo del calcio, anche se nel pugilato è un po' diverso.

Aiutaci a inquadrare meglio il personaggio di Bundini Brown, figura enigmatica del clan Alì.

Meriterebbe che qualcuno scrivesse un libro solo su di lui. Un personaggio stravagante, mezzo mago, mezzo artista, mezzo imbroglione. Un ebreo non praticante a cui piacevano molto le donne, sempre in contrasto sia con i neri che i bianchi. Fu "ceduto" ad Alì da un altro campione dei massimi, Sugar Ray Robinson, che riteneva potesse aiutarlo a trovare maggiori motivazioni. È stato autore di molti degli slogan più celebri di Muhammad. Lui e Dundee completavano la trimurti con cui ogni avversario doveva fare i conti.

Howard Cosell e Gianni Minà: giornalisti ma anche amici di Alì, è corretto dire così?

Si, per quanto si possa essere amici di una persona che vedevano un paio di volte l'anno, al massimo. Bisogna dare una accezione piena alla parola amicizia, sono all'antica da questo punto di vista. Sicuramente avevano un rapporto speciale, all'epoca del resto il dialogo tra sportivi e giornalisti era molto meno mediato rispetto ad oggi, praticamente potevano vivere insieme ai personaggi di cui avrebbero scritto. Per questo motivo libri come "La Sfida" di Norman Mailer sono stati epocali, perché lui potè stare accanto ad Alì per tutto il tempo che ha preceduto l'incontro contro Foreman, è entrato persino negli spogliatoi. Impensabile oggi avere una libertà d'azione tale con Ronaldo o Messi, per esempio.

Secondo te il fatto che all'inizio degli anni settanta l'America e tutto il mondo avesse capito che la guerra in Vietnam fosse un errore, ha influito nel giudizio che poi ha scagionato Alì?

Quando nel 1967 si rifiutò di andare sotto le armi nonostante gli fosse stato assicurato che avrebbe fatto il militare per modo di dire, prese una decisione molto impopolare. Ma nel 1971 tutti si erano ormai accorti di quale grosso abbaglio fosse stato il Vietnam, questo certamente in qualche modo lo aiutò. Venne quindi prosciolto dall'accusa di renitenza, fu una vittoria ai punti se vogliamo, grazie anche e soprattutto alla perseveranza e alla pazienza di un giudice della Corte Suprema, malato di cancro che si accomiatò dalla vita pubblica con questa clamorosa sentenza.

Se parliamo di bellezza del match, qual è il tuo preferito?

Come semplice osservatore direi "Thrilla in Manila". Fu probabilmente quello più spettacolare, mentre "Rumble in the jungle" fu sorprendente. A parte il primo round, ha scientemente sacrificato il proprio corpo facendosi colpire fino all'inverosimile da Foreman, facendolo stancare per poi dargli il colpo di grazia. Sembrava una esecuzione annunciata, invece Muhammad vinse grazie a una strategia studiata a tavolino che nessuno pensava potesse andare in porto. Una tattica folle all'apparenza, perché prendere pugni per 6 round e mezzo dall'uomo più potente del mondo non è una passeggiata.

C'è stato un altro evento sportivo colossale come "Rumble in jungle"?

Oggi quasi tutti gli eventi sportivi appaiono colossali, perché mediaticamente sono più pervasivi, più capillari nel raggiungere il pubblico. La realtà però è che non c'è stato né credo ci sarà mai un colossal sportivo come Rumble in the jungle. E provate a immaginare cosa sarebbe stato se si fosse disputato oggi...

Joe Bugner diceva che si affezionava a chi lo riempiva di cazzotti. Alcuni anni dopo il loro incontro, Foreman si affezionò molto ad Alì, divennero amici. Anche lui si era affezionato al suo "carnefice"?

Credo che la sofferenza che tutti i pugili provano sul ring finisca per affratellarli, anche se questo non sempre accade. Per quanto riguarda Foreman, a mio pare si è trattato di un percorso molto personale, scelse di cambiare vita, divenne un predicatore e percorrendo quella strada ha ritrovato Alì lungo il cammino.

Molti dei suoi avversari hanno appeso i guantoni al chiodo, dopo averlo incontrato. Doveva essere devastante anche a livello psicologico non credi?

Penso proprio di sì, poteva permettersi il lusso di dire cose enormi agli avversari, politicamente molto scorrette. Anche se poi, dopo il match aveva carezze quasi per tutti, anche con chi in fondo non le aveva meritate.

Se non fosse stato costretto a quasi 4 anni di inattività, pensi avrebbe trascinato così a lungo e malinconicamente la sua carriera?

No, l'avrebbe chiusa certamente prima. Avrebbe preso meno colpi, sarebbe stato meno malato, sarebbe stato anche più ricco. Avrebbe avuto un percorso più luminoso, ma certamente sarebbe stata una carriera priva di quell'alone di leggenda che è stata la sua principale caratteristica.

Quanto manca alla storia moderna un campione dei pesi massimi la cui popolarità raggiunga le masse?

Non mi picco di essere un esperto, ma a mio parere manca tanto. In prima battuta a causa della frammentazione delle sigle che tanto male ha fatto alla boxe. Anche se ha aumentato i guadagni, di fatto è impossibile sapere con certezza chi è il migliore di ogni categoria. Credo inoltre che sia venuto a mancare uno zoccolo duro di sottoproletariato urbano, che per tanto tempo ha fatto da serbatoio al movimento, andato via via sgretolandosi. A questo va aggiunto che le arti marziali, spesso, rappresentano la prima scelta di chi decide di dedicarsi al combattimento oggi.

Giochiamo: il miglior Alì o il miglior Tyson, chi scegli?

Rispondo con le parole dello stesso Tyson: Alì è il più forte. Tyson era più potente, Muhammed più alto, veloce, tecnico. Poi per carità, il pugilato è fatto di pugni e i pugni fanno male, ma Foreman picchiava più forte eppure ha perso.

C'è un filo rosso che lega Muhammad Alì e Diego Maradona?

Entrambi sono andati oltre lo sport, sono stati più grandi dello sport stesso. Anche Maradona ha usato il suo sport come mezzo per condurre alcune battaglie, però bisogna dire che l'ha fatto in modo più superficiale, direi nazional-popolare. Mentre Muhammad ad un certo punto della sua vita ha potuto concedersi il lusso di preoccuparsi per gli altri, Maradona si è dovuto preoccupare di convivere con sè stesso.

Credi ci sia stato qualcosa di cui si è pentito?

Certamente sì, su tante azioni e tante parole ha sicuramente fatto e detto cose sbagliate. A partire dal male che ha fatto alle sue numerose mogli.