
Il calcio si sa, è un incredibile contenitore di storie, aneddoti curiosi, piccole grandi tragedie sportive e umane, nonché di trionfi inaspettati. Seguendo le vicende del mondo della pedata per un arco di tempo lungo, ma neanche poi troppo, si avrà la fortuna di infilare il naso in brecce di storia che resteranno epiche, e che attraverso un lento un processo di osmosi muteranno da sudore e olezzo, in narrativa. Nell'Olimpo delle innumerevoli immortali gesta degli Dei terrestri della palla a esagoni, è accaduto anche che un gol, decisivo per la vittoria della Champions League 2002/2003 verrà, in un certo senso, completamente dimenticato. O meglio, sarà l'autore di quella rete a cadere per sempre nell'oblìo della memoria. Lo sfortunato non protagonista è un attaccante: Jon Dahl Tomasson.
Quel gol in vero i tifosi del Milan, squadra in cui militava Tomasson, lo ricordano più che bene. È il gol del 3-2 a tempo scaduto, nel ritorno dei quarti di finale contro l'Ajax. Segnatura che sancisce il passaggio alle semifinali dei rossoneri, che proseguiranno il loro cammino fino ad aggiudicarsi la coppa dalle grandi orecchie per la sesta volta, ai danni della Juventus. Come detto, nessuno ricorderà Tomasson come l' autore di quella rete importantissima, benché il tabellino della partita sia inequivocabilmente dalla sua parte. Ma andiamo con ordine. Jon Dahl Tomasson è un attaccante danese che vede la porta spesso e volentieri. Beninteso, non è un attaccante da primissimi posti della classifica cannonieri, ma comunque la sua media gol è nell'ordine di 1 ogni 3 partite, tutt'altro che malvagia. In soldoni è una punta da una quindicina di gol l'anno. A Milano si dice "in sci veghen". Tradotto: avercene. A soli 18 anni Tomasson sbarca in Olanda, all' Heeerenveen, dove resta per 3 stagioni andando a bersaglio per 37 volte. A 21 anni approda in Premier League, vestendo la maglia di Newcastle, ma nella terra di Albione le cose non vanno benissimo. Decide così di tornare in Olanda, dopo solo una stagione trascorsa in Inghilterra. Questa volta nella fila del Feyenoord, dove sboccia come un fiore a primavera: in 4 stagioni sigla 55 gol e vince un campionato, una Coppa d'Olanda e una Coppa Uefa. Nell'estate del 2002, a 26 anni e col contratto scaduto, Jon è incredibilmente libero a parametro zero, così il Milan, che allora era una delle migliori squadre al mondo, non si lascia scappare l'occasione e mette un contratto sotto il naso del danese, che lo firma senza pensarci su una volta di troppo. Certo, in quel momento in attacco i rossoneri potevano contare su Shevchenko, Inzaghi, Rui Costa e Rivaldo, ma chi non accetterebbe la sfida di crearsi un varco in mezzo a questi totem, cercando di dare il proprio contributo e facendosi valere? Milano è la nuova Mecca per Tomasson.
Comincia la stagione 2002/03 e come prevedibile, sia in campionato che in Champions League Tomasson non parte quasi mai titolare, ma entra spesso a partita in corso e lascia sempre un bel ricordo di sé. Si muove bene, partecipa alla manovra, si rende pericoloso, agisce indifferentemente da prima o da seconda punta, intendendosi alla perfezioni sia con Pippo Inzaghi che con Sheva. È l'attaccante di scorta che ogni allenatore sogna: sempre pronto al bisogno, gioca dove gli dici di giocare, segna gol determinanti e non alimenta mai il fuoco della polemica all'interno dello spogliatoio. Con le dovute proporzioni, un nuovo Daniele Massaro a disposizione dei colori rossoneri. Inoltre non impiega molto tempo a siglare il suo primo gol in campionato: alla sesta giornata, in trasferta contro l'Atalanta marca il secondo dei 4 gol con cui il Milan sbancherà Bergamo. E la domenica successiva va di nuovo a bersaglio, di nuovo in trasferta, a Verona contro il Chievo. Questa volta però i rossoneri soccombono per 3-2. Anche in Coppa Italia le sue performance non passano inosservate: va a segno contro ogni avversario affrontato dagli ottavi di finale fino alla semifinale, ovvero contro Ancona, Chievo e Perugia, anche grazie al fatto che il suo allenatore, Carlo Ancelotti, sceglie di schierarlo tra i titolari, in questa competizione. Persino in Champions League, dove ha davvero poche opportunità di calcare il terreno di gioco, riesce a dire la sua. C'è da dire che il Milan viene inserito sia nel primo turno, che nel secondo turno in gironi di ferro. Nella prima fase a gironi viene opposto a Lens, Deportivo La Coruna e Bayern, mentre nella seconda fase incontra Real Madrid, Borussia Dortmund e Lokomotiv Mosca. Quella di allora era una Champions League con molte più partite: a dicembre, tra andate e ritorni e magari turno preliminare, una squadra poteva aver giocato già 12 incontri. Ed è quello che infatti succede al Milan, che comunque supera entrambi i turni al comando della classifica. Nonostante le poche chance che gli vengono concesse, Tomasson segna 2 reti anche in Coppa Campioni: una contro il Deportivo, a San Siro, ma in una partita completamente ininfluente ai fini del passaggio del turno. L'altra nella seconda fase, sempre a San Siro, questa volta contro la Lokomotiv Mosca, partita che termina 1-0. Alla sosta natalizia, il Milan non può che essere soddisfatto del danese, che farebbe bene a essere a sua volta soddisfatto di sé. Il suo ruolo all'interno di quella squadra di extraterrestri è ben definito, e lui lo svolge che meglio non si potrebbe.
A marzo è il momento di fare il sul serio. In campionato i rossoneri sono molto distanti dalla Juventus, praticamente ormai fuori dai giochi che contano, ma sono ancora in corsa in Coppa Italia e soprattutto in Champions League. A seguito del sorteggio dei quarti finale, al Milan tocca affrontare l'Ajax. Sulla carta, sembrerebbe un sorteggio favorevole. Certo i Lancieri di Amsterdam sono come al solito ricchi di giocatori di talento, ma grezzo, a causa della giovane età dei suoi interpreti. Solo per citarne qualcuno, vi sono tra le sue fila Chivu, Van der Meyde, Snaijder, Litmanen e... uno svedese di origine slava, un lungagnone bianco allampanato, un certo Zlatan Ibrahimovic. Ne sentiremo parlare, dicono. Le altre quadre del lotto sono Barcellona, Real Madrid, Manchester United, Juventus, Inter e Valencia, quest'ultimo finalista per ben due volte nelle ultime 3 edizioni. Si capisce che quando dall'urna esce l'Ajax, dalle parti di Milanello se non ride, certamente non si piange. Gli olandesi sono allenati da Ronald Koeman, che da giocatore era celebre per i suoi calci di punizioni. Proprio da un suo tiro dal limite, scaturì il gol che negò la Coppa dei Campioni alla Sampdoria di Vialli e Mancini, nel 1992, quando giocava nel Barcellona.
La partita di andata si gioca ad Amsterdam, l'Ajax riesce a rendersi abbastanza pericoloso nella prima mezz'ora, poi viene imbrigliato dal Milan a cui è evidente che lo 0-0 stia molto più che bene. Alla fine, anche gli olandesi non disprezzano il risultato: in fondo, basterebbe un pareggio con gol nel ritorno, per passare il turno. L'appuntamento è per mercoledì 23 aprile a San Siro. Platea, galleria e loggione dalla "Scala del calcio" sono gremite che che di più non si potrebbe. I pronostici sono tutti a favore del Milan e i rossoneri non tradiscono le attese. Partono a tambur battente all'assalto della diligenza di Koeman. Il profumo del gol è sospeso nell'aere fin dai primi minuti, ma la porta difesa dell'Ajax, come dicevano i commentatori di un tempo, sembra stregata. Un tiro rasoterra da fuori area di Brocchi, incontra un ingorgo di stinchi sulla sua strada, rimbalza, si impenna, poi magico come coniglio tirato fuori dal cappello di un prestigiatore, si dirige veloce e inesorabile all'incrocio dei pali alla sinistra del portiere Lobont. Quest'ultimo, con un colpo di reni mai visto, leva da palla da quell'angolo di universo inesplorato che è il sette. Una parata mostruosa, se non fosse che la palla ha già varcato la linea di porta. Il sospetto si impadronisce di tutti i presenti, ma la certezza del replay nel calcio è una utopia ancora lontana dal realizzarsi, così si continua a giocare. Poco prima, Inzaghi era stato fermato per un fuorigioco inesistente. Sarebbero segnali di sventura da non trascurare, per chi conosce un po' il calcio e le sue beffarde parabole, ma al trentesimo minuto, Pippo Inzaghi sembra scacciare i fantasmi. Il cross dalla destra di Shevchenko viene deviato da un difensore avversario, Inzaghi in mezzo all'area è solo come non dovrebbe essere mai lasciato neanche quando va al bagno, schiaccia di testa e fa 1-0. Riposo e sospiri di sollievo dagli spalti, la partita si è messa nel verso giusto, la strada è discesa, le semifinali sono un'isola a vista. E invece no. Il Milan forse vuole addormentare la partita, ma manca ancora troppo tempo al fischio finale dell'arbitro. L'Ajax a poco a poco esce dal guscio e sfiora il pareggio con Ibrahimovic, che riceve palla da sinistra e colpisce di testa scavalcando Dida che è uscito improvvidamente: conclusione a lato. Poi ristabilisce l'equilibrio con Litmanen, che solissimo al limite dall'area piccola, deposita di piatto in rete un pallone elementare. Fantasmi a voi! O forse no. Bastano infatti due minuti alla squadra di Carlo Ancelotti per rimettere avanti la testa: l'azione è la fotocopia di quella che ha portano all'1-0, solo che questa volta il cross è di Inzaghi e la testa è quella di Shevchenko: 2-1 . E ora si, la partita sembra diventare un ballo lentissimo da condurre fino a fine serata. Mancano circa dieci minuti al temine e nessun fatto rilevante ha più vergato la cronaca della partita, quando dal nulla, Pienaar in mezzo all'area del Milan, raccoglie da terra un pallone sporco e lo deposita in rete. La doccia è di chiodi di ghiaccio, mancano pochi minuti e Lancieri hanno la qualificazione in pugno. Ancelotti opera una doppia sostituzione, richiama a sé due difensori e manda in campo Rivaldo e Tomasson. In questa mossa si palesa tutta la disperazione di cui è preda il tecnico. A una manciata di secondi dal novantesimo Rivaldo libera Shevchenko in area a pochi passi dalla porta, ma il tiro dell'ucraino sbatte sullo stinco di Lobont e finisce in angolo. In quell'angolo sembrano finire anche le speranza dei tifosi, che cominciano ad abbandonare il proprio seggiolino e imboccano l'uscita.
Ormai è pieno recupero. Dalla metà campo del Milan parte un lancio, lungo, alto, uno di quei classici lanci in mezzo all'area di fine partita, quando devi segnare a tutti i costi e non sai più a che santo votarti. Ambrosini salta altissimo, forse sospinto in cielo dalla sua maglia numero 23, in onore di Michael Jordan. Striscia il pallone con la sua chioma bionda, indirizzandola lenta a metà tra due difensori dell'Ajax. Palla perssa, pare. Invece in mezzo a quei due guardiani del destino si infila Inzaghi, colpisce la sfera come meglio può, scavalcando il portiere e mandando il pallone verso la porta. Ha già allargato le braccia nel sua solita, scomposta esultanza da manicomio, puntando dritto verso la curva dei tifosi di casa. Ma la palla non ha ancora varcato la linea, sulla quale si è posizionato Jon Dahl Tomasson, che colpisce di piatto e accompagna la palla nel sacco olandese, delicato come si farebbe cedendo il passo a una anziana signora. Lo stadio non esulta, ruggisce. In campo tutti i compagni corrono però verso Inzaghi: lo assalgono, lo travolgono, sembra più una aggressione che una esultanza. Tomasson, che è il vero marcatore della rete, cerca di dissimulare lo smarrimento, probabilmente non capisce perché nessuna corra ad abbracciarlo. Cerca di confondersi nella furiosa e ubriacante gioia collettiva, ma è spaesato come uno che si presentato a una festa a cui non è stato invitato: ormai sei qua, resta se vuoi! Se da un lato è vero che tutta la fatica la fanno Ambrosini e Inzaghi, è altrettanto vero che da sempre, l'autore della rete e colui che tocca per ultimo il pallone, prima che si inchiostri in porta. Il destino di Tomasson sarebbe probabilmente segnato già da quanto accaduto in campo, ma la pietra tombale sul suo gol non gol, la pone Sandro Piccinini, che quella sera commenta la partita in tv: "Il gol è di Inzaghi, non voglio discussioni!". E così sarà, per tutti i tifosi del Milan: quello del 3-2 all'Ajax, in quel quarto di finale, è un gol di Inzaghi.
Tomasson resterà a Milano per 3 stagioni, sempre nel ruolo di attaccante di scorta, continuando a fare molto bene per tutta la sua permanenza in rossonero. Prima di lasciare il Milan sarà sfortunato protagonista, insieme a tutta la squadra, della debacle di Istanbul del 2005, vedendosi soffiare ai calci di rigore dal Liverpool una Champions League che si era già imbarcata per l'Italia. Dopo tre stagioni non troppo fortunate tra Stoccarda e Villareal, chiuderà la carriera nella squadra che l'ha fatto conoscere al grande calcio, il Feyenoord. Tra il 2008 e il 2011 con gli olandesi giocherà soltanto 37 partite, realizzando però la bellezza di 20 gol.