Matteo Morandi, un campione semplice

Cinque volte campione italiano, due bronzi e un argento nella Coppa del Mondo. Due medaglie d'oro, una d'argento e due di bronzo agli Europei. Altri due ori e un argento ai Giochi del Mediterraneo, un bronzo alle Universiadi, quattro medaglie di bronzo ai Mondiali, e infine, la più bella di tutte: la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Londra, nel 2012.

Matteo, a elencare tutto il tuo palmarès si impiega un bel po' di tempo.

Già, fortunatamente non mi posso lamentare, ho chiuso con il bronzo olimpico, l'unica medaglia che mi mancava. Sono riuscito a conquistarla a Londra, al terzo tentativo, dopo Atene e Pechino. Posso dire di essere davvero soddisfatto della mia carriera.

Per tutti tu sei stato l'erede di Juri Chechi, il signore degli anelli, questo ti lusinga?

Certamente, facemmo insieme l'Olimpiade di Atene, per lui era l'ultima mentre per me la prima. Conquistò la medaglia di bronzo, io arrivai subito dietro, al quarto posto, la cosiddetta medaglia di legno. Diciamo che quello fu il passaggio del testimone. Juri è stato il mio punto di riferimento fin da bambino, non solo come sportivo, ma anche come uomo.

Personalmente ammiro molto gli sportivi che, pur essendo diventati campioni a livello mondiale, non dimenticano da dove sono venuti. Tu sei decisamente uno di questi.

Grazie, come dici tu è importante non dimenticare da dove si è partiti e tornare alle origini. Avevo 5/6 anni quando ho cominciato nella Casati Arcore, che è la palestra dove attualmente alleno i più piccoli, non solo per riconoscenza verso il territorio che mi ha lanciato, ma anche per fare un salto indietro di trent'anni e continuare sentirmi giovane, stando in mezzo a loro.

Come sta la ginnastica azzurra attualmente?

Direi bene, per la prima volta nella storia i ragazzi della categoria junior, hanno vinto la medaglia di bronzo ai campionati europei. Giorgia Villa ha vinto l'oro all-around, una cosa incredibile! In generale hanno fatto man bassa di medaglie, e questo fa ben sperare. C'è stato un buco dietro di me, Cassina, Busnari e Coppolino, era rimasto uno spazio vuoto, un salto di generazione. Invece i ragazzi del 2000/2001 sono molto promettenti.

Questo vuol dire che a Tokyo 2020 saremo dei comprimari?

Sarà molto dura, ma mai dire mai. Anche la squadra olimpica che si presentò a Londra nel 2012 non era molto accreditata, ci davano per cotti, invece...

Mi auguro che anche a Tokyo gli azzurri possano sorprendere.

Tu farai parte della delegazione italiana?

In questo momento non è il mio obiettivo. Voglio dedicarmi completamente ad allenare i bambini della mia società, perché è la maggior soddisfazione che possa provare, stare a contatto con i giovani che si avvicinano alla ginnastica. In futuro, se sarò in grado di crescere uno di loro fino all'Olimpiade, mi sarò meritato di accompagnarlo.

Quale sport ti appassiona, oltre alla ginnastica?

Mi interesso ai motori: tifo per Valentino Rossi, per la Ducati e per la Ferrari. Poi seguo lo sci e lo snowboard in particolare, che mi piace praticare.