Matteo Fontana: "Sogno di essere nei primi dieci all'Ironman di Kona".

L’intervista di oggi è dedicata a Matteo Fontana, triatleta brianzolo tornato alla ribalta dopo il suo successo alla Icon Extreme di Livigno, nel 2018. Matteo era reduce da un 2017 a dir poco sfortunato, dove due gravi infortuni avevano messo a rischio la sua carriera. Dopo alcuni mesi molto difficili ha ritrovato la giusta motivazione e, anche grazie alla sua famiglia, è tornato al professionismo con obbiettivi giustamente ambiziosi per il suo futuro.

Ciao Matteo, ci racconti del tuo sfortunato 2017?

Certo, in quell'anno ebbi due incidenti che mi tennero lontano dalle gare. Il primo è accaduto mentre mi stavo allenando in bicicletta, mi trovavo davanti alla stazione di Canzo, paesino nei pressi di Lecco, quando un ragazzo in motorino che non ha rispettato la precedenza mi ha investito. Mi ruppi due vertebre lombari e il gomito. Nello stesso anno alla vigilia di Natale ebbi un altro incidente, questa volta sulla mia moto, a seguito del quale mi fratturai il perone oltre che nuovamente il gomito.

E’ stata molto dura riprendere l’attività sportiva dopo questi due incidenti?

Dopo il primo incidente ripresi bene, è stata dura dopo il secondo stop, una vera batosta infortunarsi di nuovo e così seriamente.

Parlaci della gara che ti ha rilanciato, la Icon Extreme

Avevo bisogno di un obbiettivo da raggiungere per tornare ad allenarmi e scegli la Icon. Non mi preparai con l’intenzione di primeggiare, più che altro avevo bisogno di uno stimolo per tornare a fare quello che mi piaceva. A seguito di quel successo, nelle settimane successive mi presi del tempo per riflettere su quello che sarebbe stato il mio futuro di atleta: vinse la voglia di essere un professionista.

Dopo quello che ti è successo, dalla caduta al trionfo, pensi che tutto accada per un motivo?

Mah, ti dico in tutta sincerità, non credo molto nel destino. La verità è che nel corso della vita accadono delle cose, e sta a noi trovare le risorse e le motivazioni per reagire nel modo giusto.

Quali sono state le persone che ti sono state vicine, e che ti hanno spinto ad andare avanti durante il tuo stop?

Ovviamente la mia famiglia, i miei amici, a me non piace fare nomi, ma le persone a cui mi riferisco sanno che sto parlando di loro. Gli sono grato soprattutto per avermi accompagnato senza ingerenze in quella che è stata mia scelta di tornare ad essere un atleta professionista.

Tu vieni dal ciclismo, immagino che il tuo più grande amore resti la bicicletta

Assolutamente, resto convinto che pedalare sia la cosa più bella, non c’è paragone.

So che un tempo ammiravi Lance Armstrong, ti sei sentito tradito da lui?

Questo è un tasto un po’ delicato, quando si finisce a parlare di doping non bisogna fare passi falsi. Le persone sbagliano, sbagliamo tutti e lui secondo me ha pagato molto per quello che ha fatto. Ovviamente è stato sfruttato fino a quando è stato possibile sfruttarlo, poi è stato il perfetto capro espiatorio. Quello è stato un periodo molto brutto dello sport. Lance per me è stato un esempio non tanto per quelle che potevano essere le sue prestazioni sportive, reali o meno, ma per la forza di volontà, il carattere, le palle, perché per vincere sette Tour de France ci vogliono caratteristiche caratteriali di cui non ti può dotare il doping. Chi ha corso in bici ad alto livello lo sa e può confermare questa cosa.

Hai detto una cosa molto interessante: il ciclismo ha sfruttato Armstrong finché ha potuto, poi è stato il perfetto capro espiatorio. In questo le vicende di Lance Armstrong e Marco Pantani si somigliano molto, non credi?

Si, nonostante siano stati due personaggi totalmente diversi. Molte persone gli hanno voltato le spalle, quando non era più comodo viaggiare sul loro carro. Anche Marco è stato mio grande idolo, da bambino iniziai a praticare il ciclismo proprio a seguito delle gesta del Pirata. Avevo la sua bandana, i suoi occhiali, e piansi quando mi giunse la notizia della sua morte. Entrambi fanno parte di quell’epoca molto oscura del ciclismo.

Oggi c'è qualcuno da cui trai ispirazione?

In realtà no, perché il ciclismo è cambiato molto, non ci vedo più personaggi tali che possano fare da traino al movimento ed essere di esempio. Cerco senza dubbio di prendere il meglio da ogni mio collega, valuto ciò che di buono fanno e cerco di imparare da loro.

Secondo te il ciclismo ha perso l’aspetto romantico?

Dipende da quale punto di vista lo si osserva . Io non sono contro la tecnologia sono il primo che non esce in bicicletta senza rilevatore di potenza, però diciamo che la parte romantica non la fa il ciclismo in sé, ma l’attività che c’è in un dato periodo storico. Ad oggi in Italia non vedo nessuno a livello di Pantani, per esempio, non tanto come prestazioni ma come personaggio. Forse Sagan, a livello globale, riesce a dare un po’ di movimento al movimento, ma siamo lontano da certi modelli del passato. Forse è vero, l’età romantica del ciclismo è definitivamente tramontata.

Che programmi hai per il 2019?

Farò un gara in Italia in aprile, ma sarà più che altro un test per valutare la preparazione svolta fino ad ora. Come prima gara internazionale in maggio parteciperò ad un Ironman 70.3 ad Aix en Provence. L’intenzione è quella di centrare la qualificazione al mondiale di mezzo Ironman, cercherò di fare del mio meglio per agguantarla.

Qual è il tuo progetto più ambizioso, per quanto riguarda la tua carriera?

Potrei sentirmi un atleta realizzato entrando nei primi dieci all’ Ironman di Kona. E’ un traguardo molto ambizioso, ma penso sia giusto esserlo.

Un luogo comune dice che i triatleti non eccellono in nessuna delle tre discipline, è davvero così?

Inviterei chi lo dice ad uscire in bici con me! A parte gli scherzi, forse fino a qualche anno fa era così, ora non più: il livello è molto alto, anche nelle gare più lunghe. Le prestazioni degli atleti nelle tre discipline sono molto vicine, diciamo che chi è meno tecnico nella corsa o nel nuoto, può recuperare tempo nel ciclismo, che è uno sport che richiede meno stile per risultare efficaci.

Pensi che gareggerai mai in una maratona?

Ti dico la verità, mi spaventa più una mezza maratona che un mezzo Ironman, perché è uno sforzo molto più pesante per un triatleta. In ogni caso mi piacerebbe correre una maratona e credo che ci sarà occasioni di togliersi questa soddisfazione, ma non quest’anno.