
Meravigliose, coraggiose, belle, simpatiche, sorprendenti, spiazzanti. Sono donne. Come nel caso di Manuela. Tu la intervisti perché la consideri una influencer del running, invece lei ti spiega perché i social non li ama poi così tanto. Manuela Barbieri, sportiva dall'indiscutibile ed esuberante fascino, lavora per la casa editrice SportPress, che tra le altre pubblicazioni annovera Running Magazine, di cui è responsabile, oltre a curare una rubrica sulle iniziative ecosostenibili all'interno della rivista Hub Style. Collabora inoltre con il sito Amica.it. Conosciamola insieme.
Ciao Manuela, sei una esponente di una nuova specie, che io chiamo runfluencer, ci parli di questa nuova tendenza social?
Diciamo che il fatto di essere diventata una runfluencer, come dici tu, è venuto un po’ da sé, nel senso che lavorando per Running Magazine e orbitando sia per lavoro che per passione intorno al mondo della corsa era inevitabile che tutto questo avesse uno sbocco, diciamo così, social. Oltretutto molte delle mie amiche sono delle bloggers, cimentarsi in questo ambito era quasi un passaggio obbligato per me. Detto questo posso comunque affermare di non essere una runfluencer imbruttita, nel senso che non sono una di quelle che posta i tempi, le coppe, le medaglie. La corsa per me è divertimento, quindi preferisco postare foto di paesaggi, ad esempio, di persone incontrate, cose di questo genere. Credo che l’unico tempo che abbia mai postato sia stato quello della New York Marathon, ma solamente per premiare il duro lavoro fatto in preparazione.
In che occasione ti sei affacciata alla corsa?
La mia passione più grande è sempre stata il tennis, è lo sport che amo di più in assoluto. Così mi capitava di corricchiare a Milano, lungo il naviglio, come allenamento in funzione del tennis appunto. Poi intorno al 2015, quando ho cominciato a collaborare con Jennifer Isella a Woman in Run, ho iniziato a praticare il running seriamente, anche se non mi sono mai considerata una atleta.
Quale è stata la tua prima gara?
E’ stata una 10 km, una classica del running milanese, il trofeo Sempione. Ricordo molto bene l’emozione di quel giorno, solo il fatto di essermi appuntata il pettorale sulla maglietta mi aveva messo in agitazione. Sinceramente non ricordo con che tempo conclusi la gara, ma ricordo che la mia amica Jennifer alla fine mi disse che avevo del potenziale. Ero molto esaltata.
Mi racconti un aneddoto della tua vita sportiva a cui sei legata?
Ti sorprenderò, dico New York, ma non la maratona, bensì il giorno prima, quando la maggior parte di quelli che avrebbero preso parte alla gara si ritrovano a Central Park per l’ultima sgambata. Ho visto rappresentati tutti i paesi del mondo, ci incoraggiavamo a vicenda, c’era la complicità che scaturisce dall’inseguimento di un obbiettivo comune. Per me è stato più bello che tagliare il traguardo, il giorno successivo.
Parlaci di WIR
Dunque, Women in Run è un running network nato su Facebook, fondato da Jennifer Isella e di cui io sono vice presidente. Lo scopo iniziale era formare gruppi di allenamento gratuiti, esclusivamente al femminile, perché nel 2014, a seguito dell’ennesima aggressione subita da una donna che stava allenandosi da sola, a Milano, era nata la necessità di permettere alla ragazze di aggregarsi e correre in sicurezza. In soli due anni questo movimento è diventato una vera e propria Asd, siamo presenti in molte città d’Italia, il cui fulcro resta Milano ma che è in continua espansione. A questo proposito, invito a visitare il nostro sito www.womeninrun.it per scoprire le città dove WIR è presente. Inoltre, se mi permetti, vorrei citare Simona Terrano e Giovanna Bucci, che fanno parte dello staff di Women in Run.
Come sei entrata a far parte di Women in Run?
Tutto è nato da un post che lessi su Facebook. Jennifer Isella stava organizzando un flashmob a livello nazionale e cercava per ogni città un volontario che facesse da referente, qualcuno che si occupasse di gestire la cosa sul proprio territorio e io, naturalmente, mi candidai per Milano. Ancora una volta il potere dei social è salito alla ribalta.
Le donne stanno "invadendo" spazi che un tempo erano riservati quasi esclusivamente agli uomoni, ad esempio nella corsa, nel triathlon, nel calcio… spesso con risultati migliori dei maschietti. Secondo te perché?
Secondo me l’aspetto che caratterizza maggiormente le donne è la determinazione. Quando ci mettiamo in testa di fare qualcosa, lo facciamo al nostro meglio. In seconda battuta subentra anche il discorso “rivalsa”, perché per troppo tempo alcuni ambiti dello sport, alcune discipline erano una esclusiva dell’universo maschile, per questo motivo le donne tengono moltissimo a dimostrare che possono riuscire come, e forse anche meglio degli uomini. L’ultima conquista è stata il calcio, come abbiamo visto poche settimane fa: le azzurre hanno fatto molto bene ai Mondiali e sono state molto seguite dal pubblico.
Che cos'è per te la correre?
Un mezzo per emozionarmi, perché il carburante della vita penso siano proprio le emozioni.
C’è una gara nel tuo cassetto dei sogni?
Una gara precisa no, però recentemente ho letto il libro di Michele Graglia, Ultra, così mi è venuta voglia partecipare ad una impresa sportiva, ovvero entrare nella support crew di uno di quei ultramaratoneti che corrono in condizioni estreme.
Mi dici una cosa che non ti viene bene nella vita?
Non mi viene bene fare calcoli, nel senso letterale del termine, Sono brava con le parole, molto meno con i numeri. Anche tacere non mi riesce molto bene, sono una persona che si espone molto in prima persona e questo forse non è sempre positivo.
Quali sono le cose che non sopporti?
Non sopporto quello che credo sia il male del secolo, l’egocentrismo, e purtroppo i social hanno coadiuvato la diffusione di questo male. Le persone si incontrano, ma nessuno è più interessato a chi gli sta di fronte, sono tutti impegnati a reclamizzare se stessi.
Per chiudere, mi permetti una domanda cretina? Come fai a fare sport con tutti quei capelli?
Ti devo dire che ho fatto mia la canzone Vivo sempre insieme ai mie capelli di Niccolò Fabi, io e loro siamo un tutt’uno. La cosa bella è che grazie alla mia chioma la gente mi riconosce sempre alla gare a cui partecipo, è il mio segno distintivo! Anche se devo ammettere che d’estate è davvero dura portarli, però non potrei proprio farne a meno.



