Lisa Magnago:"Quando ti metti alla prova, vinci sempre".

Andiamo alla scoperta della bravissima e bellissima Lisa Magnago, volto noto dell'ultramaratona nostrana, che ci racconta del suo amore per la corsa e in particolare per la 100 km del Passatore. Dall'alto delle sue sette partecipazioni, può permettersi anche di muovere qualche critica all'organizzazione, facendolo però con molto equilibrio, senza cavalcare l'onda social della polemica a tutti i costi. Ci parla inoltre della bellissima iniziativa benefica, denominata "Cento donne per cento chilometri", grazie alla quale è stata raccolta una somma di denaro a favore del reparto di pediatria oncologica dell'ospedale Meyer di Firenze.

Ciao Lisa, qualche settimana fa hai disputato la 100 km del Passatore, come è andata?

E' stato il mio settimo Passatore, quindi diciamo che comincio ad avere una certa esperienza. Avevo il timore di non poter participare quest’anno, in quanto pochi giorni prima sono stata colpita da una forte gastrite. Questo problema mi ha svuotato di molte energie, infatti ho cominciato a soffrire fin da subito, inoltre l’intenso caldo mi ha creato ulteriori difficoltà. Per la prima volta ho temuto di dovermi ritirare dopo pochi chilometri. Da Fiesole in poi ho camminato molto, anche in pianura, alcuni partecipanti mi chiedevano quali fossero le mie condizioni, se fossi in grado di proseguire e questo mi infastidiva un po’. Arrivata al Passo della Colla ho incredibilmente ritrovato un po’ di forze, sono arrivata in cima alla salita che c’era ancora la luce del giorno e questo mi ha rinfrancata. Da quel momento in poi è cominciata la seconda parte della mia gara, che è stata migliore della prima metà. Gli ultimi dieci chilometri ho accusato la fatica, ma sono riuscita ad arrivare alla fine.

Hai preso parte a una iniziativa benefica, insieme ad altre donne che hanno partecipato a questa edizione del Passatore, ce ne vuoi parlare?

Sì, il progetto l’abbiamo chiamato “Cento donne per cento chilometri”, perché eravamo appunto in cento, tutte donne. Siamo riuscite a raccogliere circa quattrocento euro, destinando questa somma al reparto di oncologia pediatrica dell’ospedale Meyer di Firenze. Lungo il percorso abbiamo trovato alcuni genitori dei bimbi ricoverati in quel reparto, che ci hanno sostenuto ed incitato. E’ stato molto bello.

Quali consideri la migliore delle tue sette partecipazioni?

Quella del 2014, senza ombra di dubbio. Migliorai il mio tempo di circa due ore e la cosa bella fu che non accusai mai alcuna difficoltà, non andai mai in crisi. Quando tagliai il traguardo mi sentivo fresca come rosa, mi sembrava di aver corso una dieci chilometri.  L’anno seguente migliorai ulteriormente il mio tempo, ma soffrii molto, non fu divertente allo stesso modo

So che sei molto devota a questa gara, come mai ti piace tanto?

Per varie ragioni. Mi piace perché amo le lunghe distanze e questa è una gara che mi riesce particolarmente bene, mi stressa molto meno di una cinque chilometri. E poi mi piace il fatto che il percorso attraversa dei bellissimi borghi, non è solo una gara, è proprio un viaggio. Quando partecipai per la prima volta, nel 2011 era molto diversa, era meno conosciuta e c’erano molti meno partecipanti, una gara che quasi arriverei a definire intima. C’era una atmosfera bellissima, purtroppo chi non l’ha vissuta in quegli anni non la può più provare. Ricordo che la corsi da sola per tutto il tempo, era come essere in una bolla di silenzio, e soprattutto senza alcuna assistenza, a cui peraltro sono contraria perché l’organizzazione ti mette a disposizione tutto quello che serve. Sarebbe una gara unica se fossero vietate le auto e le biciclette in appoggio lungo tutto il percorso.

A proposito di questo tema, ogni anno montano sempre più polemiche, qual è la tua posizione in merito?

Faccio una premessa: ho deciso di non cavalcare le polemiche, non ci credo, non servono a nulla, e ce ne sono state fin troppe, risulterei ridondante. Credo nei fatti, io e le altre cento ragazze dell’iniziativa benefica di cui ti parlavo prima abbiamo corso tutte senza assistenza, per alcune di noi tra l’altro è stata la prima partecipazione, dimostrando così che questa gara si può fare senza. La mia opinione è che questa manifestazione non dovrebbe prevedere assistenza al di fuori dei ristori previsti dall’organizzazione.

Tornando alla gara, qual è a tuo parere l’aspetto più probante?

La gestione della gara. Le condizioni cambiano continuamente col trascorrere delle ore e dei chilometri: cambiano le condizioni climatiche, cambia l’altitudine, le pendenze, si passa dal giorno alla notte, e dalla notte di nuovo al giorno. Il corpo si deve adattare a tutti questi cambiamenti, sai che prima o poi la crisi arriverà e probabilmente più di una. Un istante ti senti bene, l’istante dopo non ce la fai più e magari hai davanti a te più di metà gara ancora. L’aspetto mentale a questo punto diventa importante: dal mio primo Passatore ho imparato che prima o dopo la crisi passa, bisogna saperla affrontare nel giusto modo e col giusto ritmo, senza forzare.

Tempo fa hai dichiarato che la corsa è la tua migliore amica: affermazione affascinante, un po' antisociale però non credi?

Di fatto la corsa è uno sport per chi ama la solitudine, anche se poi tutto il contorno è all’insegna della convivialità, seppur superficiale. La corsa è uno sport individuale e solitario, io mi sono sempre allenata in solitudine, a parte rarissime occasioni. E’ vero che la mia è stata una dichiarazione forte e apparentemente antisociale, ma l’ho detto proprio perché la gente che mi conosce sa che sono una persona molto socievole. Per esempio spesso faccio il pacer alle gare, aiutando così altre persone a tagliare il traguardo, a raggiungere il proprio obiettivo. Ho bisogno di vivere questo sport e la mia vita sia in compagnia, sia da sola con me stessa.

Hai dichiarato anche che nessuno ti vuole allenare perché corri troppe maratone: è vero, o sotto sotto è un aspetto questo che non ti interessa?

Entrambe le cose. Sono stata contattata in passato da alcuni allenatori che mi avevano proposto di correre meno maratone e farle bene, seguendo uno specifico programma di allenamento. Questo però mi avrebbe impedito di correre gare che mi piacciono molto, o di fare il pacer, ad esempio. Tutte cose che mi sarebbero mancate, inoltre io non mi considero una persona ambiziosa, non mi interessa primeggiare ma solo sfidare me stessa. Se decidi di essere allenata da qualcuno, devi rispettare il lavoro di questa persona, io ho preferito non far perdere tempo a nessuno.

Spesso l'ultramaratona viene descritta come un viaggio dentro se stessi: hai scoperto qualcosa di te, mentre correvi?

Ho scoperto di essere più forte di quello che pensavo, soprattutto a livello mentale. Decidere di non mettersi alla prova, perché non ci sente pronti o perché si teme di essere colti da una crisi, è un nostro limite mentale che non ci permette di vivere bellissime esperienze. Se vai a caccia di un obbiettivo e fallisci, è un insegnamento, se invece lo raggiungi è un successo personale. In ogni caso tu vinci.

Per chiudere, sono più dure le salite del Passatore o le notti insonni delle mamme?

Non ci devo pensare, la vita di mamma è l’esperienza più probante che abbia mai vissuto. Dopo un parto di diciotto ore, le salite del Passatore sono una passeggiata!