L'importanza delle seconde occasioni (Berlino Marathon)

Tante volte mi è capitato di leggere e sentire che il fallimento nello sport non è contemplato. Capisco benissimo che questa frase dal sapore alquanto marziale, così netta, cruda e definitiva ha in realtà il compito di solleticare le corde della motivazione, affinché quando sarai in gara privo di energie e ogni muscolo sarà dolente di comunicarti che no, proprio non ce la fa più ad andare avanti, tu possa trovare in quelle parole il carburante supplementare per continuare ad alimentare i tuoi sogni, le tue ambizioni. Detto questo però, devo dire che non mi sento completamente in sintonia con questa affermazione. Sarebbe secondo me più corretto dire che dobbiamo fare tutto quanto in nostro potere per non fallire, se però questo accade la cosa fondamentale è lasciar sedimentare la delusione, interiorizzarla e poi concedersi una seconda possibilità: è proprio di questo che vorrei parlare, dell’importanza delle seconde occasioni.

Forse perché nella mia mediocrità, insieme a tanti successi personali ho colto anche alcuni fallimenti, penso che non centrare un obbiettivo sia purtroppo una eventualità. Dopo ogni scelta che facciamo quotidianamente si apre davanti a noi un ventaglio di possibilità, cambiamenti di scenari che non possiamo preventivare. Io l’ho imparato nell’ultimo anno. Stavo per mollare tutto dodici mesi fa. Ritornato da Berlino, dopo aver fallito quella che sarebbe stata la mia quarta stelletta nel firmamento delle major, avevo deciso di chiudere con la corsa. Questa disciplina mi aveva dato tanto, ma la stavo affrontando con troppo impegno emotivo e mentale, a fronte di un quasi nullo impegno fisico. E’ vero che che una maratona si corre più con la volontà che con le gambe, ma c’era troppo squilibrio nel mio mood. Ero logorato a livello nervoso e quasi totalmente impreparato a livello fisico. Ero andato incontro da solo al mio insuccesso nel caso di Berlino 2018, non fu il destino a metterci lo zampino. Quindi si, in sostanza non avevo fatto quanto in mio potere per non fallire.

La strada mi aveva bocciato, aveva deciso che non mi avrebbe più assecondato, se non avessi inserito il sacrificio nella ricetta per cucinare la mia maratona. Quella delusione bruciava come una sigaretta sulla mia pelle. Il sacrificio, la voglia di fare chilometri e fatica, di non badare al caldo o al freddo, o alla pioggia quando era giorno di allenamento, erano ingredienti che non erano più disponibili nella mia dispensa. Almeno così credevo. Perché soli pochi giorni dopo l'amara trasferta teutonica, decisi di dare a me, ma anche alla corsa, la possibilità di riconquistarci vicendevolmente. E’ ripartito tutto da qui, da una sera di fine settembre in cui il sole d’estate muore più luminoso dietro alle case basse della Brianza, ma sempre meno caldo. Da queste serate in cui cambia il profumo dell’aria e la fragranza dell’autunno riempie i polmoni ho costruito la mia seconda chance, mattone su mattone, attraverso proprio quegli ingredienti che temevo di non avere più a mia disposizione. Così mi sono ripresentato al via della Maratona di Berlino nel 2019, con l’animo in pena di chi non avrebbe sopportato un altro buco nell’acqua, ma con la consapevolezza che questa volta sarei saldo come un quercia, le mie ambizioni di finisher non sarebbero state scalfite dalle prime difficoltà, o presunte tali, che si sarebbero presentare in gara. I primi chilometri in realtà li ho corsi con l’orecchio teso sull’umore del mio fisico. Ero in ascolto del mio corpo: ehi fanciullo, non facciamo scherzi, io mi gioco tutto oggi. La prima possibilità è un dovere, la seconda è un diritto, la terza….. è perseveranza, si, coraggiosa ma forse un po’ diabolica.

Non lo nascondo, sono stati difficili i primi chilometri, sentivo i fantasmi attorno a me ballare una danza tribale che con il suo tam tam doppiava i tap tap dei miei passi. Ricordavo perfettamente i punti del percorso dove solo un anno prima ciondolavo penosamente da un piede all’altro come un condannato nell’ultimo miglio. La sconfitta non arriva sempre improvvisa, a volte te la porti addosso, solo che non lo sai. Ma questa volta no, ho riconosciuto quasi subito il mio passo lento si, ma rotondo, quello delle giornate buone, quello che mi ha condotto lontano nel mondo, a conquistare i traguardi calpestati dai migliori atleti nell’ambito della maratona. Non vi erano fantasmi o spiriti maligni ad accompagnare il mio incedere preciso, scandito, pigramente inesorabile. Solo legittimi timori che ho scacciato piano piano, come una scia trasparente vaporizzata nell’aria dalla forza della fiducia.

Le seconde occasioni. Passepartout per le porte trovate chiuse in prima istanza. Le seconde occasioni non sono giustificazioni, solo spiegazioni. Le seconde occasioni, secondi tempi in rimonta, dopo aver chiuso il primo in svantaggio. Le seconde occasioni, quando sbagliare si può, ma rimediare anche. Motivazioni scadenti di un comprimario? Forse, ma anche ragioni di un protagonista della propria vita.