Le maniche (da rimboccarsi), la Manica (da attraversare), un sms (di incoraggiamento), il cuore (da buttare oltre), l'ostacolo: racconto del mio cammino fino al via della London Marathon

Gius, pensaci, non essere precipitoso, c’è ancora un po’ di tempo prima di versare la quota”.

Questa storia inizia così, con un sms di un amico, che seppur conscio dei miei difetti e dei miei limiti, non mi ha mai abbandonato a me stesso nei momenti difficili. A volte sono anche riuscito a stupirlo, sono riuscito ad andare anche oltre il suo ottimismo e il suo incoraggiamento. Come quando, per esempio, corsi la Maratona di Roma sotto le quattro ore.

Quando sei a caccia del conseguimento di un grande obbiettivo, o quantomeno grande per te, non è solo la distanza temporale che ti separa dal raggiungimento di quel traguardo a fartelo sembrare molto lontano, ma anche la consapevolezza di tutto il lavoro che occorrerà per arrivare a quel traguardo.

Quando Paolo mi inviò il già citato sms in risposta al mio, che gli comunicava la mia rinuncia al pettorale opzionato per la London Marathon 2019, ero reduce dalla Maratona di Berlino che per me era stata una agonia breve ma dolorosa, l’ultima lacrima di un piagnisteo generale che era stata la mia annata podistica 2018. Non avevo portato a termine neanche una delle gare a cui mi ero iscritto, tra maratone e mezze, e in alcune non avevo neanche preso il via. Non mi era mai successo, mi ero allenato poco e male per tutto l’anno, la corsa era diventata come un addebito in conto corrente: una scadenza, un dovere, che non mi regalava più alcun piacere né gioia.

Di ritorno da Berlino, in quei giorni di fine settembre dello scorso anno, avevo deciso di appendere le scarpette al chiodo. Troppo l’impegno richiesto da questo sport, credevo di non esser più disposto a soffrire così. Eppure un sms non eclatante nei termini, aveva saputo pungolarmi ancora una volta. Magari poco poco, infatti non avvertii certo una spinta clamorosa verso un ritrovato amore per la corsa, ma mi venne voglia di concedermi una ultima possibilità.

In quel momento, il lavoro che mi aspettava per tornare a concludere una maratona, era paragonabile allo sforzo necessario per attraversare l’oceano con una barca a remi. Non dico che ricominciavo da zero, ma da uno o due si. Quando all’inizio di ottobre stilai un calendario che più o meno rispettai, di 5 allenamenti la settimana per un totale di 120 km mensili, solo per cominciare, Londra era lontana anni luce.

Non mi diedi scadenze, se non quella di capire a che punto sarei stato a metà dicembre, al momento di pagare la prima parte della quota necessaria per la trasferta oltre Manica. E infatti, con la testa sgombra le cose andarono un po’ meglio. Notai lievi ma costanti miglioramenti. Non partecipai a nessuna gara, mi allenai e basta. Così i progressi mi motivarono, ciò mi aiutò a trovare la voglia di andare a correre la sera alle otto, per esempio, tornato dal lavoro, anche quando le temperature qui a Milano cominciarono a farsi più rigide.

A dicembre mi sentivo bene, le distanze percorse non erano ancora sufficienti, ma l’ottimismo si ingrassava come gatto pigro e sornione. Sapevo di essere all’imbocco della giusta strada. Tentai anche di partecipare alla Maratona di Valencia, ma non trovai più pettorali; comunque a posteriori è stato un bene, non ero ancora pronto a mettermi così alla prova. Però presi la decisione di pagare quella benedetta mezza quota per partecipare alla London Marathon. L’impegno era preso, ora bisognava continuare lavorare tanto e bene.

Non potevo però, arrivare a quell'appuntamento così importante senza effettuare nessun test. Era venuto il momento di tornare a fare i conti lei, la signora incontrastata, la distanza regina, e con le incertezze e le paure che questo comporta. Sì perché per quanto tu possa essere preparato sia fisicamente che mentalmente, affrontare la maratona è sempre un po’ come affrontare l’ignoto.

Qual è il primo volo per Siviglia please? preso, si va a caccia di se stessi, ancora una volta. Per il mio grado di preparazione, pensavo che avrei corso all’incirca 30 km, portando poi a termine la gara un po’ per inerzia, piano piano, tra corsa molto lenta e camminata. Invece corsi una delle mie maratone migliori di sempre, non tanto per il tempo finale, che non era certo vicino ai miei migliori, ma per la condizione psicofisica dimostrata, che non mi ha esposto mai ad alcun momento di crisi o difficoltà.

Così sono arrivato, dopo altri due mesi di lavoro, al punto, al dunque. Tra cinque giorni sarò a Londra, a dare vita ancora una volta a un sogno che sembrava irraggiungibile, a fare qualcosa di possibile a tutti, ma che non tutti fanno. A sentirti, nel tuo piccolo, così bravo come nessun pensi potrà esserlo mai. Ad aver battuto la paura, ad aver buttato ancora una volta il cuore oltre l’ostacolo, a dimostrare a te e agli altri che non sempre serve eccellere per essere il migliore, almeno per coloro che ti vogliono bene. Le gioie che provi sentendoti  l’eroe di te stesso sono incredibilmente dense e assolutamente impagabili.

Bisogna crederci e lavorare. Lavorare e crederci. Il talento è una cosa bellissima, un dono della natura. La volontà di fare qualcosa, anche se non sei bravo a fare quella cosa, è tutto un altro paio di maniche, ma ognuno ha quelle che può. E con le mie maniche, attraverso la Manica, vado oltre l'ostacolo, col mio cuore e l'sms di un amico, che ho ancora salvato sul telefono.