
Stanco e felice.
Se dovessi descrivere le sensazioni del dopo London Marathon, questi due aggettivi sarebbero un riassunto perfetto del mio sentire.
Londra non è solo una città che ti mette a dura prova, è anche una maratona dal percorso molto nervoso, che ti inganna all’inizio con un bel po’ di discesa e ti punisce alla fine spremendo ogni tua risorsa mentale, fisica e nervosa. Avrei voluto scrivere immediatamente un resoconto della mia gara, ma ero talmente svuotato, anche emotivamente, che non sono stato capace di scrivere neanche una riga.
E’ stata sicuramente una delle maratone più dure che io abbia corso, il costante sostegno del pubblico lungo l’intero percorso ha aiutato me come tutti gli altri partecipanti a non badare troppo alla strada ancora da percorrere. La gente è stata davvero calorosa, in questo è molto simile all’atteggiamento del pubblico alla Maratona di Boston.
Un traguardo molto sofferto, un po’ come lo sono sempre i miei, ma questo ha avuto una gestazione lunghissima, per tutti i dubbi sull’essere ancora un maratoneta o meno, dopo il fallimentare 2018. Sette mesi di preparazione più o meno marziale, fatta a mio modo, da vero cialtrorunner, ma con tanti chilometri percorsi. La verifica, andata molto bene due mesi prima alla maratona di Siviglia, mi ha restituito sicurezza in me stesso e Londra l’ho affrontata con rispetto, ma senza paura.
Pur avendo disputato una gara quasi totalmente in gestione delle forze, a quattro chilometri dall’arrivo non avevo più energie. Ho abbassato la testa e guardavo solo le mie scarpe sull’asfalto, che pur con un passo corto e appesantito, mi conducevano sempre più vicino alla agognata meta. Poi come sempre mi accade in vista del traguardo faccio appello a tutte le mie residue forze, disinserisco la modalità risparmio energetico e dentro di me comincia la festa.
Il traguardo per un maratoneta ha un odore particolare, come quello delle vittime dei predatori in natura. Lo percepisci dalla distanza che hai percorso, ne senti il chiasso in lontananza, cominci a immaginare come sarà quando da lì a poco entrerai nella classifica di una delle gare più importanti al mondo. E quando ormai mancano pochi metri ho sempre la stessa reazione: l'emozione mi assale, come un rigurgito di pianto che però subito si arresta e sparisce, lasciando spazio alla gioia manifesta. In quell’istante realizzo di aver fatto qualcosa di grande, proprio io che non sono bravo in niente, ma riesco sempre ad andare oltre i miei numerosissimi limiti.
Ogni volta che che conquisto un obbiettivo come questo non riesco a fare a meno di voltarmi indietro a osservare quanta strada abbia fatto. Non parlo del nastro d’asfalto percorso durante l’ultima maratona, o meglio, non solo. Parlo della somma di tutti i traguardi, sportivi e della vita che mi hanno portato ad essere lì, in quel momento, ad appuntarmi una nuova medaglia sul petto.
Pensando alla Maratona di Londra, non riesco a fare a meno di pensare a quel ragazzo che circa dieci anni or sono, durante la sua prima visita alla città, si svegliò di buon mattino perché il suo nuovo giocattolo, la corsa per l’appunto, reclamava di essere adoperato ad Hyde Park, in un freddissimo sabato di dicembre. Mi sembrava di aver fatto qualcosa di straordinario, in quel momento, con quella breve sgambata di 5 km. Allora era tutt'altro che una breve sgambata, per me. Avevo corso in un parco di Londra, wow. E chi lo avrebbe immaginato che quel gesto, mattone dopo mattone, mi avrebbe condotto dieci anni dopo al traguardo della London Marathon?
Da questa esperienza ho imparato che quando ci si sente traditi da una passione e un progetto della tua vita sembra sfumare, devi tenerlo stretto per i capelli e non lasciarlo andare. Concedi a te stesso una seconda, una terza, una quarta occasione, perfino all’infinito. Solo guardati dentro e cerca di scoprire se è quello che vuoi davvero, o il momento è passato, perché se è così non basterà una vita di possibilità a restituirti i tuoi sogni. Durante la nostra esistenza i desideri cambiano: a un certo punto una cosa che volevamo fortemente, scopriamo che non la vogliamo più così tanto. Succede, fa parte del nostro processo di cambiamento, bisogna accettarlo. Ma se è solo un momento di stanca, sali di nuovo a cavallo e torna alla carica.