
Dice GattoScrivente di Carlo Esposito
Il Signor Jones, della Fattoria Padronale, serrò a chiave il pollaio per la notte, spillò un ultimo bicchiere di birra, e si sistemò comodamente sul divano a guardare una partita di calcio con un sigaro scadente tra le mani.
Ben presto iniziò a russare. A quel punto la fattoria si svegliò, scalpiccii sommessi fruscii e frullare di ali e strusciar di code denotavano l’inizio della riunione segreta nel granaio.
Il Vecchio Maggiore, il più vecchio e saggio dei maiali, prese posto e attese paziente che il brusio di sottofondo cessasse per prendere la parola. Aveva dodici anni, e iniziava a diventare corpulento, ma i maiali erano riconosciuti unanimemente per essere i più intelligenti tra gli animali della fattoria, e il Vecchio Maggiore, scampato al coltello del beccaio per essere stato il più bel verro da riproduzione di tutta la contea, aveva avuto molto tempo per affinare la sua capacità analitica ed espandere le sue conoscenze.
La sua considerazione era così alta, alla Fattoria, che ogni animale era pronto a perdere un’ora di sonno per sentire cosa aveva da dire.
“Fratelli”, iniziò infine piantando gli occhietti vispi e profondi sulla platea, “come sapete, noi non siamo liberi. Mentre il signor Jones sfrutta il nostro lavoro, frustandoci e vessandoci e razionando a piacimento il nostro cibo, ci viene impedito financo il movimento per cui la natura ci ha creati. Le galline, le oche, le anatre, sono tenute rinchiuse in pollai di rete metallica, i conigli se la passano anche peggio. I cavalli e l’asino sono costantemente aggiogati all’aratro o al carro, o al calesse del padrone, per non parlare delle mucche, che invece di pascolare liberamente per verdi colline sono tenute incatenate a vita e viene data loro la possibilità di sgranchirsi le zampe solo in occasione della pulizia delle stalle. Le pecore idem, e i cani vengono tenuti alla catena per la maggior parte della loro miserevole vita.
Per non parlare dei miei amorevoli figli: chiusi in un cubicolo di mattoni, in attesa di diventare costatelle e salsicce entro due anni dalla nascita; o, come nel caso delle mie molte mogli, di assolvere alla funzione riproduttiva finché, ormai sterili, finire anch’esse scannate senza misericordia. A questo triste destino io come sapete sono stato sottratto per spargere il mio seme, e godendo di relativa libertà ho osservato gli uomini con attenzione, per tutto il corso della mia lunga vita. Perfino l’infingardo Jones, con la sua pancia da birra, gode di quella cosa straordinaria che gli umani chiamano sport. Il piacere di muoversi per il gusto di farlo, per divertimento, senza alcuno scopo o costrizione o intento produttivo. Molte volte l’ho visto nuotare al lago con i figli e la moglie, o giocare a rincorrere quella palla ovale alla domenica con gli altri fattori al prato cittadino. E credetemi, fratelli, essi erano felici! La vera libertà è la pratica dello sport! Oh, quante notti insonni ho trascorso sbirciando dalla finestrella quella scatola luminosa da lui chiamata televisore, che trasmetteva immagini di gioia nei più disparati e strani di questi sport.
Vi ho convocati dunque per dirvi che ho fatto un sogno: la Rivoluzione degli animali è imminente, e quando questa sarà compiuta, sarete liberi di essere felici praticando il movimento per il gusto dello stesso, e non per i comodi e per il lavoro del Padrone che ci tiene schiavi e immobili! Non so dirvi quando accadrà, ma voi tutti avete il dovere di lavorare per preparare l’avvento della Rivoluzione dello Sport! Perché lo Sport è libertà, lo sport è vita!
A dire il vero le due puledre, Luisa e Cristina, furono molto a disagio: a loro piaceva molto tirare il calesse del Padrone per andare in città, ed essere ammirate da tutti per il pelo lucido e i fianchi sodi e snelli. Jones usava di tanto in tanto allungare loro uno zuccherino e alle fiere le faceva trottare a tempo di musica con dei nastri nella coda e tra la criniera.
Lo stesso dicasi per il Gatto Carlo, che si muoveva a piacimento per la fattoria, aveva sempre la ciotola piena, e passava la maggior parte del proprio tempo a dormire quando non era impegnato a molestare topi e uccelli che cercavano di rubare il grano da semina.
Il Corvo Alberico, viziato dal Padrone a suon di pane secco inzuppato nella birra, ascoltava dal suo trespolo annoiato, mentre l’asino, Saverio, considerato almeno pari in saggezza (ma non in eloquenza) ai maiali, si limitò a sogghignare e a fare una delle sue uscite bisbetiche ed enigmatiche: “Vedremo”, sussurrò, “nessuno di voi sa quanto vive un asino, e nessuno di voi ha mai visto un asino morto”.
Cionondimeno, tutta la fattoria era emozionata ed ammutolita per quelle parole, e mormorii di approvazione percorrevano le teste e le corna come una corrente elettrica: nessuno poteva competere in autorità ed eloquenza col Vecchio Maggiore, per non parlare dei due maiali più grossi destinati a sostituirlo, Cesare e Fabio che, con ampi cenni del capo, sottolineavano i punti salienti e applaudivano trascinando con sé prima le pecore, e poi tutto il resto dell’uditorio.
Il Vecchio Maggiore enunciò delle regoleper quella che chiamò per la prima volta “La Fattoria degli Sportivi”.
1) Meglio piano che sul divano
2) Tutti gli sportivi sono uguali.
3) Tutti gli animali hanno diritto di fare sport secondo le proprie possibilità.
4) nessun animale si sentirà superiore a un altro per la propria prestazione.
5) ciascun animale dovrà contare solo sulle proprie forze.
6) nessun animale sfrutterà un altro sportivo
Ovviamente, ci voleva tempo affinché queste regole della Rivoluzione venissero apprese e comprese nel loro significato più profondo, ma le pecore avevano imparato rapidamente la prima riga, e iniziarono a belare: MEGLIOPIANOCHESULDIVANO! MEGLIOPIANOCHESULDIVANO! MEGLIOPIANOCHESULDIVANO!, immediatamente seguite in coro da tutti gli altri, con un fracasso tale che Jones, ancorché ubriaco, si svegliò di soprassalto, e al vedere la luce della lanterna, e al sentire il rumore degli stivali sull’acciottolato, la riunione si sciolse in fretta e furia, ognuno tornò al proprio posto per la notte, e nessuno si accorse della strana occhiata che era intercorsa prima tra i due maiali più giovani e forti, Cesare e Fabio, e poi con tutti gli altri, con un sommesso ed enigmatico grugnito.
Fine prima parte.