
Se è vero che il nostro destino è scritto nel nome, se il destino muta, deve cambiare anche il nome. Ma potrebbe anche essere il contrario, il destino cambia perché a un certo punto della tua vita, ti chiami, ti chiamano in un modo diverso. E' un po' come la storia dell'uovo e la gallina: chi è nato prima?
La corsa mi ha dato tanto, non voglio dire tutto perché sarebbe eccessivo, ma buona parte di quello che sono oggi è germogliato nel terreno fertile e nel concime della corsa. Da giovane fiore appassito sono diventato una stagionata e solida quercia. Come dico sempre, la vita che conduco oggi è un miracolo, un film che sarebbe stato impossibile scrivere fino a dieci anni fa, una storia inimmaginabile con me come soggetto. Fate conto di scrivere il copione di Star Wars, ecco, una cosa simile.
Tra le molteplici cose che la corsa mi ha dato, una delle più ridondanti è stato un nome nuovo. Attenzione, non un soprannome, quello solitamente viene utilizzato dagli amici, e non è detto derivi dal tuo nome registrato all’anagrafe. Quando tutti ti chiamano col tuo soprannome, questo diventa a tutti gli effetti il tuo nuovo nome. Quello con cui ti chiamano anche se ti vedono per la prima volta, quello con cui ti chiama anche chi non ti conosce personalmente. Mi chiamano tutti Gius. E questo nome non posso nemmeno definirlo la ciliegina sulla torta, perché in realtà è una della primissime cose che la corsa mi ha donato.
Stramilano 2010, la mia prima mezza maratona di sempre. Allora soffrivo ancora spesso di attacchi di panico quando mi trovavo in mezzo a molta gente, quindi capirete che correre la Stramilano era per me non solo una prova sportiva, ma anche di carattere. Per battere alcune delle mie fobie, utilizzo ancora oggi quelli che io chiamo trucchetti: rimedi che non sono rimedi in realtà, accorgimenti che per qualche motivo hanno effetto sulla mia mente, nonostante al lato pratico nulla abbiano a che fare col vivere senza ansie una data situazione. Un vero e proprio effetto placebo. Avevo scoperto che quando venivo attanagliato dall’ansia all’interno di un supermercato, o a bordo dei mezzi pubblici, luoghi dove appunto era molto probabile ritrovarsi in mezzo alla folla, mettere degli occhiali da sole scuri mi aiutava a tranquillizzarmi. Non chiedetemi perché, però funzionava.
Incredibilmente in quei mesi, probabilmente totalmente assorbito dagli allenamenti, non avevo mai pensato a come avrei combattuto la mia paura di trovarmi in una gara podistica internazionale, in mezzo ad altre seimila persone circa. Così il sabato, il giorno precedente la gara, mi venne in mente il trucchetto del supermercato, quello degli occhiali da sole. Solo che non avevo un paio di occhiali da corsa, così mi misi a rovistare in un vecchio cassetto colmo di cianfrusaglie, e lì vi trovai un improbabile occhiale da sole comprato in qualche bancarella. Avevo ciò che cercavo, avrei usato quelli. L’indomani piovve per tutto il tempo, ma non mi tolsi mai i mie occhiali.
Qualche giorno dopo uscirono le fotografie ufficiali della gara, il mio amico Paolo, una figura davvero centrale all’interno della mia vita da runner, dopo averle viste mi disse: con questi occhiali neri mi sembri uno dei Blues Brothers, John Belushi. Ti chiamerò Gius Belushi. A me quel soprannome non piacque subito, anzi in tutta onestà quasi per niente. E non prese piede subito, fu un processo davvero molto lento. Questo, probabilmente, è stato il segreto per fami amare il mio nuovo nome.
Nel corso degli anni il passaparola si diffuse in modo lento ma inesorabile. Partito da pochi e sparuti amici del running, incontenibile come l’acqua prese ad occupare ogni angolo di quel catino che è la mia identità. A poco poco cambiavo io attraverso la corsa, la persona che stavo diventando, il nuovo io che dentro di me cresceva, richiedeva anche un nuovo nome. Per fortuna Belushi non rimase in testa alla gente, cadde immediatamente nell’oblio, ma Gius aderiva sempre meglio su di me, così come un adesivo, o un guanto, e stava eclissando il mio vecchio nome. Quando nel giro di qualche anno anche i colleghi cominciarono a chiamarmi così, avevo ricevuto definitivamente un nuovo battesimo.
Quando qualcuno, per chissà quale ispirazione, mi chiama Giuseppe, mi viene il dubbio che quel qualcuno ce l’abbia con me, che voglia prendere le distanze da me. Tranne mia madre, ovviamente, l’unica che ancora mi chiama così.