
Qualche settimana fa, abbiamo raccontato da queste pagine la cavalcata trionfale del Milan nella stagione 87/88, quella della rimonta ai danni del Napoli. In quell'anno nasceva la leggenda del Milan degli invincibili. Tra gli ingranaggi di quella macchina perfetta, che andava affermandosi su tutti i campi d'Italia e del mondo, si facevano largo alcuni ragazzi dal talento grezzo di quella che oggi viene definita "cantera", allora più prosaicamente prodotti del vivaio. Uno dei quei giovani era Graziano Mannari. Graziano era un attaccante alla Inzaghi, amava il gioco in profondità. In poco tempo si mise in mostra anche tra i giganti della prima squadra, rivelando un fiuto per il gol davvero letale: fece un gol a Real Madrid in una amichevole estiva al Bernabeu, segnò 2 reti alla Juventus in campionato, oltre ad alcune segnature in Coppa Italia. La sua stella era in forte ascesa, ma inaspettatamente la sua maturazione atletica si fermò quando lasciò Milanello per le sponde del lago di Como, anche a causa di alcuni gravi infortuni. Oggi ripercorriamo con lui i primi passi della sua carriera che seppur breve, fu folgorante.
Lei divenne celebre prima che sul campo, grazie a uno spot contro la violenza negli stadi, che negli 80 era un problema molto sentito. Come fu scelto come testimonial?
Giocavo nella Primavera del Milan ed ero aggregato alla prima squadra. Ci dissero che ognuno di noi doveva presentarsi davanti alla telecamera prima di cominciare l’allenamento, e dire qualcosa di breve. Il Presidente Berlusconi, a seguito della sconfitta a tavolino contro la Roma del 1987, voleva lanciare un messaggio per scoraggiare la violenza negli stadi e pensò ad uno spot. Coinvolsero noi ragazzi perché lo spot prevedeva il compimento di gesta atletiche che i normali attori non avrebbero potuto ripetere. Mi presentai come tutti gli altri, anzi lo feci anche un po’ di fretta perché dovevamo iniziare l’allenamento. Scelsero me, dissero che avevo la faccia da attore.
Il 7 febbraio 1988 debutta in Serie A, in Milan-Cesena 3-0. Cosa ricorda di quel giorno?
Ero nello spogliatoio a fine primo tempo, mi stavo facendo massaggiare, perché avevo un problema alla coscia sinistra rimediato nel torneo di Viareggio. Non credevo veramente di poter entrare, poi durante il massaggio mister Sacchi si rivolse a me e mi disse ”Adesso Graziano entri tu al posto di Gullit, devi fare questi movimenti..." Ruud aveva un risentimento muscolare. Ammutolii e fui preso anche un po' dal panico, ma nel sottopassaggio Baresi, accorgendosi della mia agitazione, mi mise un braccio sulla spalla e mi disse "Fai quello che sai fare bene, con la tua velocità non ti prenderanno mai". Quelle parole furono per me la molla che mi fece disputare un’ottima partita e che diedero il via alla mia carriera.
Le premesse con cui si approcciava alla stagione 88/89 furono ottime. Andò in gol nell'amichevole estiva al Bernabeu, contro il Real Madrid, vinta per 3-0, poi segnò anche diversi gol in Coppa Italia. Un inizio di stagione ricco di promesse. In autunno però trovò poco spazio, cosa successe?
Niente di che in realtà, dovevo ancora imparare e maturare. Avevo avuto il primo brutto infortunio pochi giorni dopo l’esordio: frattura composta del perone, lussazione della tibia e legamenti completamente da ricostruire. Avevo bisogno di tempo, le partite invece si succedevano in fretta.
Arriva la primavera e arriva anche il giorno di Milan-Juventus e del suo primo gol in Serie A. Subentrato al posto di Evani al quarto d'ora della ripresa, 6 minuti dopo segna un gol spettacolare. Ce lo racconta?
Fu un'emozione fantastica! Ero entrato da poco, stavamo conducendo per 2-0 e iniziammo una fitta rete di passaggi tra agli "Olé" della gente. Pensai ”Anche io voglio toccare la palla e far gridare i nostri tifosi”, ma non riuscivo ad entrare nel vivo del gioco. Fino a quando Donadoni crossò dal fondo, io intuii la traiettoria e d’istinto mi tuffai di testa: fu il più grande "Olè" di tutta la partita, un ricordo indelebile.
Ma non è tutto, perché quel giorno segna una doppietta. Ci descriva anche il secondo gol.
Giocavo sulle ali dell'entusiasmo. Fu uno dei miei classici gol, di quelli che segnavo spesso nella Primavera. Vi fu un passaggio rasoterra di Costacurta, in mezzo ai due centrali della Juve, arrivai in velocità davanti a Tacconi, lo dribblai e depositai la palla in rete. Lanciato in profondità era difficile prendermi.
Segnerà anche nell'ultima giornata di campionato, contro il Bologna, vittoria per 4-1. Quello resterà il suo ultimo gol nella massima serie. L'avrebbe mai detto?
No, sinceramente no. Mi aspettavo di poter maturare e tornare a Milanello. Forse a posteriori non ero ancora maturo per lasciare il Milan.
Il suo futuro sembrava scritto, invece le cose non sono andate come ipotizzato, dopo quell'esaltante finale di stagione. Qualche rimpianto?
Come già detto, solo quello di non essere rimasto di più al Milan durante la fase di maturazione, sia fisica che mentale. Purtroppo ho subito anche grossi infortuni che mi hanno indotto a smettere molto giovane.
Anche Cappellini e Lantignotti, che come lei erano cresciuti nelle giovanili del Milan, non hanno avuto fortuna in rossonero. Un po' meglio è andata a Stroppa, che comunque per restare in Serie A, in seguito, ha dovuto cercare fortuna altrove. Troppo Milan per dei ragazzi così giovani?
Erano altri tempi. Eravamo tutti molto bravi, ma c’erano giocatori eccezionali nel Milan, che hanno fatto la storia. Era difficile a quel tempo riuscire a ritagliarsi degli spazi per giocare.
Qual è il ricordo, gol a parte, a cui è più legato dei suoi anni con la maglia del Milan?
Sono cresciuto a Milanello, ho giocato nel Milan...non esistono ricordi migliori degli altri. Ho avuto amicizie, spensieratezza, lezioni di vita e grandi maestri.
Oggi di cosa si occupa?
Sono stato direttore tecnico delle scuole calcio del Milan dal 2011 al 2018, prima in Italia, poi a Singapore, Dubai e Giappone. Ora mi trovo in Cina da due anni, insegno il calcio agli allenatori ed agli insegnanti nelle scuole, per una azienda cinese che collabora con il Governo.