
Giorgio Calcaterra è un gigante del podismo e non avrebbe certo bisogno di presentazioni, ma non si può non elencare alcuni dei successi della sua meravigliosa carriera: 12 volte vincitore della 100 km del Passatore, di cui detiene anche il miglior tempo di percorrenza, 3 allori iridati nei Mondiali su strada della 100 km, corredati da 2 bronzi. A questi si aggiungono svariati record, successi, e onorevoli piazzamenti, a tutti i livelli e nelle più disparate distanze.
Giorgio, cominciamo dalla tuo settimo posto ai mondiali 100 km su strada, soddisfatto?
Direi di sì, anche in considerazione del fatto che non sono riuscito ad arrivare a questo appuntamento nelle condizioni migliori. Ho seguito più le mie sensazioni che il cronometro, riuscivo a tenere bene il mio ritmo, senza accusare alcuna crisi. Ho rallentato un po' tra il km 60 e il 90, ma non ho perso posizioni, il che vuol dire che era dura anche per i miei avversari. Mi spiace solo di aver perso 2 posizioni in volata, ma non potevo fare di più.
A quale delle tue 12 vittorie al Passatore sei più legato?
Ci fu un anno, non ricordo bene quale, che mi presentai al via con una contrattura alla schiena. Zoppicavo, mi dovettero aiutare ad allacciare le scarpe, qualcuno si offrì anche di portarmi lo zaino. Poi quando cominciò la gara, il dolore come per incanto spari, e conquistai la vittoria.
Torniamo ai mondiali di ultramaratona, hai ben 3 vittorie, di cui 2 disputate in Italia, e una vicino casa, a Tarquinia, che ricordi hai?
A Seregno nel 2012 vinsi, ma volevo chiudere con un tempo migliore, il caldo mi penalizzò. Sicuramente un bel ricordo perché conquistai la vittoria, ma la soddisfazione non fu piena. Quello di Tarquinia invece fu il successo più bello, perché per i primi 60 km feci una gara di conserva, il gruppo fortunatamente non tenne un ritmo forsennato e nel finale ebbi la meglio, grazie alla mia maggior freschezza. Lungo il percorso c'erano tutti i miei amici e familiari, fu molto coinvolgente. Oltretutto, salii sul podio ben 4 volte, in quanto quella gara era valevole anche come campionato europeo individuale e di squadra, e come mondiale di squadra.
Non hai mai avuto l'opportunità di partecipare alle Olimpiadi, perché?
Non mi considero un super campione, ma credo che la possibilità di partecipare alle Olimpiadi mi sia stata scippata. Allora, nel 2000, con un tempo in maratona di 2 ore e 13 minuti, non rientravo nel novero degli atleti papabili. Dico allora perché oggi, con un tempo del genere, sarei quantomeno una riserva. Certe prestazioni erano eccezionali quanto sospette, da parte di alcuni che stabilirono tempi eccellenti in quegli anni, in cui i controlli antidoping non erano cosí stringenti. Successivamente infatti, sparirono completamente dalla scena dell'atletica.
A fronte di un enorme serbatoio di amatori, abbiamo in Italia pochi grossi calibri, secondo te perché?
Beh, cominciamo col dire che correre per divertimento, e correre in maniera professionale, sono due cose completamente diverse. Poi diciamo che chi ha le potenzialità, è poco stimolato a fare sacrifici per arrivare in cima, perché c'è poca considerazione per questo sport, fuori dal suo stesso ambiente. Prendi domenica: alla Maratona di Berlino è stato polverizzato il record del mondo, ma in prima pagina sui giornali c'erano Ronaldo e la Formula 1.
C'è mai stata una gara in cui sei andato molto meglio di quanti ti aspettavi?
Si, quando stabilii il mio personale in maratona. Avevo corso la settimana prima un'altra maratona in 2 ore e 15 minuti, e quindi quel giorno di marzo del 2000 partii per esserci, più che altro. Poi mi accodai a un gruppo di Kenioti, e volevo provare a stare con loro per almeno un chilometro. Pensavo che sarei scoppiato, invece non accadde, e alla fine siglai il tempo di 2 ore, 13 minuti e 15 secondi.
Per chiudere, ti manca il taxi?
In parte, è un lavoro duro ma mi permetteva di godermi di più Roma. Comunque non tornerei indietro.