
C'è un programma di Sky che si chiama "I signori del calcio". Se penso a Filippo Galli (foto Milanlive.it) mi viene in mente proprio questo: un signore del calcio. Non solo inteso come grande giocatore, ma anche e soprattutto come uomo corretto, come vero sportivo. Mai una polemica, un intervento a gamba tesa, né sull'uomo né verbale. È rimasto in silenzio per quasi tutta la sua carriera, preferendo restare nella società che amava e che l'ha amato, anche quando un giovane Billy Costarcurta ha imboccato la corsia di sorpasso relegandolo in panchina. E rispondendo sempre "presente", quando gli è stato chiesto di scendere in campo. Prodotto del vivaio del Milan, di cui successivamente si è occupato come tecnico, è rimasto in prima squadra per ben 14 stagioni. Memorabile la finale di Coppa di Campioni che giocò da titolare nel 1994, contro il Barcellona di Stoichkov e Romario. Cominciamo insieme a lui un viaggio a ritroso fino ai giorni nostri, attraverso la carriera di Filippo e la storia del Milan.
Cominciamo dalla primavera 1987. Avrebbe mai pensato dopo il faticosissimo spareggio Uefa di maggio, contro la Samp, che 12 mesi dopo sareste diventati Campioni d'Italia?
No, direi di no! È stata una vittoria che si è concretizzata passo dopo passo. Il connubio allenatore, società, giocatori e tifosi funzionò alla perfezione.
L'ultima giornata a Como, non era la consueta passerella, c'era ancora la possibilità, seppur remota, di venire scavalcati. Ci racconta di quel giorno?
C’era un’atmosfera strana. La sensazione era he mancasse un nonnulla per festeggiare, ma che un piccolo errore potesse far crollare tutto.
La sera poi ci fu la festa con i tifosi, a San Siro, ricorda?
Andammo a San Siro in autobus, direttamente da Como. Ricordo un muro di tifosi ad accoglierci allo stadio, qualcosa di impossibile da descrivere.
Le prime partite con Sacchi non furono semplici, cosa ricorda di quelle prime partite, cosa vi dicevate tra di voi?
L’eliminazione dalla Coppa Uefa e la sconfitta in casa con la Fiorentina avevano creato malumore nell'ambiente, ma la società fu brava a dare forza alla figura del Mister.
Che aria tirava nello spogliatoio il giorno di Napoli-Milan? avevate paura vi venisse il "braccino", proprio sul più bello?
Eravamo determinati e consapevoli. Sapevamo che avevamo un solo risultato a disposizione: la vittoria. Era l'unica via per arrivare allo scudetto.
Avevate già sonoramente battuto il Napoli a San Siro, nel girone di andata. Eppure siete rimasti in coda ai partenopei per quasi tutto il campionato. Poi, le ultime 5 giornate cambia tutto. Cosa successe?
Ci fu una flessione del Napoli, al contempo il Milan aveva trovato consapevolezza nel gioco e nella propria forza. Fu una rimonta memorabile.
Lei è stato uno dei più grandi difensori italiani, perché una volta capito che avrebbe trovato poco spazio al Milan, non ha cercato fortuna altrove?
Il Milan per me era il top, io mi allenavo comunque ogni giorno come se nella partita successiva dovessi giocare titolare. Non ho mai pensato di andarmene.
Le è mai stato spiegato il perché, non avesse maggiori opportunità di giocare?
Non avevo bisogno di spiegazioni. Nel mio ruolo c’era chi era più bravo di me!
Vi fu rivalità fuori dal campo, tra lei e Costacurta?
Assolutamente no. Amicizia e stima reciproca che perdurano anche oggi.
Il 18 maggio 1994, giorno della finale di Coppa dei Campioni, contro il Barcellona, viene chiamato a sostituire proprio Costacurta, squalificato. Il 4-0 finale spiega la grande partita, sua e del Milan.
Finale da brividi! Finalmente titolare, non potevo sbagliare. Ero concentratissimo. La squadra mi aiutò a giocare una gara pressoché perfetta.
L'avversario più duro che abbia mai affrontato, a parte Maradona?
Davvero tanti, solo per citarne qualcuno dico Zico, Rummenigge, Batistuta, Paolo Rossi, Pruzzo e Altobelli.
Come considera il suo lavoro al Milan come allenatore?
Non spetta a me dare un giudizio. Ho allenato 4 anni la Primavera, i primi due come collaboratore di Baresi. Successivamente ho lavorato un anno nello staff della Prima squadra, insieme ad Ancelotti e a Tassotti.
Il Milan ha sfornato molti i giovani dal vivaio in questi ultimi anni, ma non ha creduto quasi in nessuno. Questo dato fa un po' a pugni con la filosofia che la dirigenza sosteneva di voler perseguire.
Attualmente in rosa ci sono Donnarumma, Calabria e Gabbia, cresciuti nel vivavio. Poi in altri club giocano De Sciglio, Verdi, Cristante, Petagna, Cutrone e Locatelli e molti altri. Alcuni ancora controllati dal Milan, altri no. Il contesto ha portato a fare delle scelte. Non credo sia corretto fare una valutazione.
Quanto è stato vicino alla panchina della prima squadra?
Per niente direi.
Crede che ci sarà in futuro l'opportunità di tornare a Milanello?
Vivo day by day.
Maldini sembra ai saluti, si preannuncia l'ennesimo anno zero al Milan, che ne pensa?
Ho estrema fiducia nella attuale proprietà.
Nessuno l'ha contatta dal Monza?
No, nessuno.
Di cosa si occupa oggi?
Grazie a Demetrio Albertini sono consulente della FIGC. In particolare sono responsabile della struttura, dei contenuti e delle docenze del corso per responsabili di Settore Giovanile, inoltre faccio parte della sezione del Settore Tecnico per lo sviluppo del calcio giovanile.
In conclusone, faccio da portavoce a Ilaria, che ha 13 anni e gioca a calcio: vorrebbe chiederle se non avete mai pensato di organizzare una amichevole Milan-Inter tra "vecchie glorie", il giorno in cui sarà possibile riaprire gli stadi ai tifosi.
E’ una bella idea che però dovrebbe inoltrare direttamente ad AC Milan. Ci dovremmo preparare bene, perché ormai gli anni cominciano a pesare!
