
Al teatro San Giuseppe di Brugherio ieri, martedì 10 dicembre 2019, si è aperta la venticinquesima stagione del ciclo "Fuoripista". Il breve discorso di apertura di stagione è affidato al sindaco Marco Troiano, affiancato dal direttore del teatro Angelo Chirico, dopodiché la parola passa al palcoscenico e alle sue tavole. Per questa prima stagionale dedicata ai percorsi alternativi della prestigiosa sala brianzola, va in scena "Il rigore che non c'era" di e con Federico Buffa, il noto giornalista e storyteller. Al suo fianco ci sono i bravissimi Marco Caronna, che cura anche la regia, Alessandro Nidi e la bellissima voce di Jvonne Giò. Il La allo spettacolo è dato appunto dal racconto del rigore che non c'era, quello della partita Estrella Polar- Deportivo Belgrano, giocatasi in Patagonia, che a ragione è considerato il rigore più lungo della storia, in quanto a causa dei tafferugli scoppiati a seguito di quel fischio arbitrale a dir poco disonesto, fu calciato solo la settimana seguente. Da qui lo spettacolo prende il via seguendo un percorso curvilineo, ondulato, direi proprio fuoripista, perché spesso lo sport diventa una scusa per affrontate altri argomenti, sia politici che storici, sempre che le due cose si possano separare. Vite e fatti che si intrecciano, fanno il girotondo apparentemente ai margini di un evento sportivo, per entrare poi a farne effettivamente parte grazie a quelle, chiamiamole coincidenze, di cui solo la vita reale è capace. In realtà, sia i programmi televisivi, che gli spettacoli teatrali, che i libri di Federico Buffa seguono questa impronta, questa volta però accentuando molto di più il passo. Infatti non c'è un fatto principale su cui si impernia e svolge tutto il racconto, ma una serie di piccole diverse storie, per lo più fatti accaduti tra la fine degli anni cinquanta e la fine degli anni settanta, una specie di almanacco aneddotico. Si passa da Mandela ai Beatles, dal Festival di Woodstock agli Springboks, dalla conquista della luna al millesimo gol di Pelé (un altro rigore che non c'era, anche se più celebre). E poi i destini prima trionfali poi tragici di due campioni sudamericani: il brasiliano Garrinchia e l'argento Houseman, detto El Loco. Ancora, Margaret Thatcher, gli Harlem Globetrotter, Sonny Liston e tanti altri ancora. Buffa ci guida attraverso un percorso apparentemente scollegato, che rischia di divenire difficile da seguire se non narrato con dovizia, cosa che invece a lui riesce benissimo. Grazie alla sua capacita di portare le parole nel punto esatto in cui si sono svolti i fatti, si entra talmente dentro la narrazione che si giunge alla fine della rappresentazione quasi senza accorgersene. Forse non è il Federico Buffa che si aspettano tutti, molto più teatrale e meno "cantastorie", ma la scelta di non seguire un unico canovaccio è stata coraggiosa, apprezzabile e alla fine dei conti, riuscita.